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Cosa è successo al PD di Latina??

IMG_6073Il PD di Latina è stato commissariato.
E perché?
L’art. 17 dello Statuto del PD elenca le condizioni per commissariare un circolo o una unione comunale e cita “gravi e ripetute violazioni“.
A quali gravi e ripetute violazioni si riferisce il decreto di commissariamento?

Non ce ne sono. Anzi.

L’Assemblea Comunale si è auto convocata lo scorso venerdi per inerzia del segretario provinciale  e del presidente che non l’hanno voluta convocare. Ci sono stati numerosi tentativi di mettere in moto il percorso per eleggere un segretario per ricomporre una agibilità politica e operativa. Tentativi soffocati dal commissariamento.

Diversa misura viene usata per gli altre situazioni di partito: Sezze è senza segretario da 2 anni; Priverno è ancora commissariata e il suo commissario si è da poco autosospeso; la Direzione Provinciale si riunisce per votare la lista per le elezioni provinciali senza il numero legale, senza votare, e con la promessa, non mantenuta, di riconvocarla. E invece i lavori sono stati terminati altrove…

Il commissariamento del PD di Latina a me sembra piuttosto un atto di prepotenza, perché molto altro nel PD del nostro terrotirio andrebbe commissariato. Per questo motivo abbiamo presentato ricorso avverso al decreto di commissariamento.

IMG_6071Abbiamo strappato un’assemblea pubblica alla fine di luglio (quella fatta all’Hotel Europa) ritenuta “un errore” dal segretario La Penna e dal presidente comunale Ingellis… e invece era l’unica cosa sensata da fare: uscire fuori dal partito e parlare con i nostri elettori.
C’è chi vuole gestire il partito tutto dall’interno, e chi vuole invece aprire le porte, parlare con la base, ascoltare le proposte per poi prendere le decisioni.

E sbaglia chi vede in questa parte una “corrente di Forte”: nessuno è più diverso per storia politica e scelte da me, De Marchis, Forte, Amici, Porcari, Valente, Fioravante… Se ci stiamo battendo per qualcosa è per ripristinare nel PD  gli elementi base per fare politica nella nostra città, con organismi che si riuniscono e decidono, con persone che vi si dedichino, con attività che si occupino dei problemi dei nostri concittadini e ne studino possibili soluzioni: o il partito si attiva per questo, o viene usato per la carriera politica di qualcuno. Non mi sembra che il PD sia attivo sul fronte delle attività sulla città: delle due, l’una.

La collegialità non è una parola, è un metodo, e va messo in pratica sempre. O si riparte da qui o non esisterà più un Partito Democratico a Latina.

Ho sempre contestato gli accordi fatti a monte per poi essere solo ratificati da “mani che si alzano” in una assemblea di partito: non è dignitoso, e non è rispettoso nei confronti di chi siede nell’assemblea. E non rende un buon servizio al partito e alla città.
Per questo stiamo tenendo il punto, e con questo ricorso vogliamo portare l’attenzione anche dei vertici nazionali su un atteggiamento di pessima prassi politica che invece di rispondere ad una proposta in modo democratico (venire in assemblea e scegliere un segretario o votare per altra proposta), sapendo di non avere i numeri in assemblea chiede di commissariare e di schiacciare con un piede chi vuole alzare la testa.

Queste modalità uccidono qualsiasi voglia di fare e di fatto distruggono un partito: c’è chi vuole un PD diverso ed è pronto a combattere e a metterci la faccia.

Valutazioni a caldo sul risultato del Referendum Costituzionale

IMG_5844(Qui il video integrale) Ho apprezzato moltissimo le parole di Renzi: parole di un vero presidente che non si nasconde, che non farfuglia, che si pone di fronte ad una verità che riconosce.  Si è preso la responsabilità dell’errore della personalizzazione, ed ha riconosciuto la vittoria di chi  ha bocciato la sua figura e il suo governo.

Nel suo discorso ha però anche dato valore alle idee e al lavoro del fronte del sì:  di fatto, chi ha espresso il SI ha votato nel merito di una riforma che voleva un cambiamento; chi ha votato NO ha espresso un giudizio negativo nei confronti di Matteo Renzi finalizzandolo alla caduta del governo.

Chi riparte da una idea in cui crede, dà vita al vero agire politico, dà vita alla vera Politica. Da qui possiamo ripartire.  E la vera politica è quella che  sa tradurre le idee in progetti concreti per il bene dei cittadini: le parole che non si traducono in proposte sono chiacchiere, sono un puro esercizio di potere e di vana gloria.

Non possiamo lasciare il campo ai Salvini, Brunetta, Grillo, D’Alema & Co. e ai loro adepti: dobbiamo esserci anche noi. E dobbiamo esserci con più forza e convinzione, con la forza delle proposte, mai del “contro” o in nome di idee che non sanno concretizzarsi.

La Politica non è filosofia e non sono chiacchiere: la Politica è un servizio ai cittadini per organizzare una convivenza equa, giusta e di benessere condiviso.

La vera politica è capace di “leggere” l’oggi, ed ha lo “sguardo lungo”, sa lavorare sodo, e alla fine concretizza.

Ripartiamo da qui.

Il mio SI al Referendum Costituzionale: ecco perché.

IMG_5509Faccio una premessa: spesso Matteo Renzi non si pone bene (anzi!) ma devo ammettere che fino ad oggi, dal tempo di Prodi, è l’unico che sia riuscito a fare qualcosa.

Non ricordo grandi cose fatte da D’Alema, se non il fallimento della bicamerale per le riforme e gli “aiutini” a Berlusconi; ricordo bene Monti, Letta, e Bersani mai presidente per vistosa inadeguatezza…

Ricordo la strigliata che il presidente Napolitano, all’inizio del suo secondo mandato, il 22 aprile 2013 fece al Parlamento: più li “bastonava” nel suo discorso sottolineando quanto fossero incapaci nel raggiungere una minima decisione, più loro applaudivano… paradossale. Alla fine il Presidente nominò Renzi presidente del consiglio. Appunto, la Costituzione non prevede l’elezione diretta del premier, bensì l’incarico da parte del Presidente della Repubblica scegliendolo tra coloro indicati dalla coalizione che vince le elezioni.

E alla fine la scelta fu Matteo Renzi. Scelse ma ad una condizione: quel governo doveva impegnarsi a fare le riforme e la legge elettorale. Detto, fatto: Matteo Renzi ha fatto le riforme e la legge elettorale (oltre alla legge sulle unioni civili, la riforma della PA, della Scuola, la legge sul Dopo di Noi, la legge contro lo spreco alimentare e dei farmaci, la riforma del Terzo Settore, gli stanziamenti sull’edilizia scolastica, abolizione IMU…).

Non sono acritica: vedo benissimo i punti deboli di ogni provvedimento però sono comunque dei passi avanti importanti. Ha fatto quello che il presidente della Repubblica gli aveva chiesto con quelle forze politiche che volevano contribuire. Non mi scandalizzo che Renzi abbia lavorato con Verdini, Alfano… si lavora per obiettivi condivisi, non per affinità elettiva. Questa riforma ha le sue criticità (essendo un prodotto umano non è perfetta) ma queste criticità sono sostenibili rispetto ai vantaggi che se ne trarranno:

  • iter legis più veloce perché ci sarà una sola camera legislativa e quindi meno ricorso ai Decreti Legge oggi abusatissimi
  •  una camera degli Enti Locali con rappresentanti delle città e delle regioni votati dai cittadini, non stipendiati per il loro lavoro al senato (quindi di fatto la categoria dei senatori non esisterà più e neanche il costo che comportava)
  • si elimina la conflittualità di competenze tra regioni e stato
  • si elimina il CNEL, organismo obsoleto e costoso

Dobbiamo fare un passo avanti e uscire dallo stallo di questi ultimi 30 anni: basta dire NO a quello che non è perfetto, nulla sarà mai perfetto come lo vorremmo. Questa, invece, è l’occasione che abbiamo adesso per avanzare di un passo. Non credo ci sarà un’altra occasione a breve guardando alla composizione dell’attuale quadro politico nazionale (Di Maio, Salvini, Meloni, Grillo…). E poi non vorrei che domani ci dicessero “Non possiamo diminuire il numero dei parlamentari perché gli italiani hanno detto di NO.”

Intervista del “Giornale di Latina” sul presente e il futuro del PD.

IMG_9473La vicenda dei numerosi arresti nei confronti di politici da noi contrastati in 4 anni e che alla fine abbiamo sfiduciato mettendo fine ad un’era, non ci coinvolge solo come politici e cittadini: ci coinvolge anche come membri di un partito.
L’inchiesta che nelle sue intercettazioni interessa l’avvocato Mansutti, fa male a tutti noi e mette il partito in una situazione di grande debolezza.
La giornalista Marianna Vicinanza – del Giornale di Latina – mi intervista sul presente e il futuro del Partito Democratico di Latina.
Riporto qui l’intervista come apparsa sul giornale di oggi, domenica 20 novembre 2016.

Restano i cocci del partito democratico [...] Chi dovrà raccoglierli però sono coloro che siedono in consiglio comunale, le leve del partito in assise ovvero coloro che hanno il compito di portare avanti l’azione dei democratici e che rappresentano il presente il futuro dell’azione politica per i prossimi anni nel capoluogo. Come Nicoletta Zuliani, tra i firmatari della lettera che chiede la sospensione di Mansutti, alla quale chiediamo da dove si riparte.

“Le scelte non le fai solo con enunciati e frasi di circostanza ma con azioni identificabili e riconoscibili. Le scelte che deve fare il partito devono andare nella direzione di un cambio di rotta: se fino ad ora il partito ha spesso rappresentato interessi di tipo elettorale, ora non lo può fare più, non può essere individuato come un contenitore per realizzare la propria “legittima aspirazione personale”. In un partito che è a servizio della propria comunità, le aspirazioni personali dei singoli politici non sono mai legittime, perché se sono “personali” non sono per il bene della collettività ma piuttosto per realizzare un proprio personale progetto.
In questo modo si piegano le scelte del partito e si orientano verso la realizzazione del proprio interesse elettorale o di carriera politica  piuttosto che nella direzione che la situazione, le circostanze, il territorio richiedono.
Il tempo di questi meccanismi personalistici è finito. È doveroso mettersi a disposizione del partito con il proprio tempo e le proprie competenze e laddove circostanze e territorio richiedono un candidato con caratteristiche diverse dalle tue è importante farsi da parte e lavorare per dare forza al progetto in un ruolo nuovo, diverso. Non perché si è costruita una rete di rapporti fitta in un territorio  bisogna necessariamente essere il cavallo prescelto per la corsa. Non si può ipotecare le scelte di candidature future su assetti e relazioni costruite oggi: se continuiamo così il partito non sceglierà mai liberamente! Gli equilibri, gli umori, le esigenze di un elettorato cambiano oggi in modo repentino…

Se reiteriamo lo stesso comportamento che ci ha portato al punto di grande conflittualità che viviamo oggi e quindi di grande debolezza, il PD morirà. Quanti di noi vogliono oggi un partito governato da “legittime aspirazioni personali”? Non lo vuole nessuno”.

La Zuliani si sofferma anche sul Mansutti.
“Mi dispiace che Maurizio non abbia fatto un atto elegante nei confronti del partito e della comunità democratica, perché lui è un signore nel suo modo di fare nei suoi atteggiamenti. Questo volersi imporre e costringere delle persone che pensano opportuno un suo passo indietro ad esporsi con un documento, non è da lui. Sono convinta che le sue dimissioni siano attese da tanti democratici e democratiche: il gruppo è più importante del singolo, e il gruppo va tutelato sempre.
Le questioni che riguardano Mansutti sono state identificate con il Partito Democratico, ma va chiarito che lui appare coinvolto in maniera personale e come tale deve agire scostandosi dal partito; non può portare il Partito Democratico dentro un giudizio pubblico orientato a fare sciacallaggio nei nostri confronti: in questo modo esponi il partito ad uno sciacallaggio vero e proprio.

Il percorso dei consiglieri del PD della scorsa consiliatura è un percorso di chiarezza per tutto ciò che abbiamo fatto; nel 2011 tanti di noi erano eletti per la prima volta e non avevamo legami con il passato né con portatori di interesse di nessun tipo. Le nostre battaglie le abbiamo portate avanti nell’interesse pubblico sempre. Questo lo voglio ribadire con forza.”

La responsabilità della coerenza.

IMG_5401Non mi piace il clima inquisitorio e di facile giudizio che si sente nei confronti dell’assessore Ciccarelli, come non mi piaceva, durante la campagna elettorale, vedere tutti i politici indiscriminatamente additati come responsabili dello scempio che era stato perpetrato nei confronti della nostra città. Indiscriminatamente.

Secondo quella visione tutti i politici erano parimenti disonesti e responsabili; anche chi aveva sempre agito onestamente, in trasparenza e difformemente da chi governava veniva messo nello stesso “fascio di erbaccia”.

Una equazione facile ed efficace quella del “politico=disonesto“.

Un principio che abbiamo cercato di contrastare in campagna elettorale affermando l’importanza della competenza perché la politica ha questo ruolo: scegliere mettendo a disposizione solida competenza e capacità amministrativa: un principio di buon senso. L’onestà, poi, è un prerequisito non negoziabile.

Ecco perché il buon senso e il buon ragionamento porterebbero a sostenere persone che dimostrano passione e capacità come la Ciccarelli.

Ma quale contesto abbiamo costruito?
Su quali principi abbiamo creato il sentimento pubblico con il quale noi tutti ci dobbiamo misurare?
È basato sulla competenza o sulla possibilità o meno di costrutti a discredito?
Il politico è molto soggetto al comune sentire e alla pubblica opinione più che al buon senso, purtroppo, perché si ricopre il ruolo di politico grazie al pubblico voto ottenuto a seguito di una pubblica esposizione e, spesso, di facili e pericolosi slogan.
Se abbiamo creato un’opinione pubblica al limite del giustizialismo, purista ed inflessibile e abbiamo rafforzato questo sentimento con una campagna elettorale spinta su questo versante, coerenza vuole che si agisca di conseguenza, e le dimissioni sono un atto implicito e indiscutibile.

Tutto ciò se crediamo che quel quadro costruito sia vero.

Se invece ammettiamo che quel quadro inflessibile e dalle tinte giustizialiste non sia veritiero e sia da smontare, dovremmo smetterla di dire “noi” e “voi”, e cominciare a RICONOSCERE il valore altrui e porlo alla base di ogni ragionamento e rapporto, a prescindere dai panni che costui o costei  indossa, spesso sporcati solo dal pregiudizio di chi li guarda.

Ora, però, c’è una responsabilità da esercitare con scelte imposte da un contesto e dal senso di opportunità; scelte che esulano dal piano personale.
Si tratta di una scelta politica.
Una scelta politica in capo al sindaco Coletta.

L’urbanistica e il concetto di continuità.

IMG_1690Nelle Linee di Mandato il sindaco aveva scritto che avrebbe riportato i Piani Particolareggiati in Consiglio nonostante lo stop di Regione e Prefetto Barbato. L’assessore Buttarelli ha ribadito nel DUP questa volontà: l’urbanistica ha bisogno di continuità.

Quello che dissi ad agosto è perfettamente valido anche oggi.

11 Agosto :” Io vorrei sapere se i piani particolareggiati del PRG del 1971 sono per voi ancora validi o no. Dite di volerli riportare in Consiglio quindi vuol dire che – approvandoli in Consiglio avranno il “lasciapassare formale” che è mancato a Di Giorgi – quindi vanno bene così. La nostra città è, secondo quel PRG , “programmata” per dare abitazioni ad oltre 200mila abitanti. Noi siamo attualmente 120mila. Questo significa che noi abbiamo ancora delle cubature da assegnare, tantissime costruzioni ancora da fare; questo significa che abbiamo un giacimento di cubature (non necessarie) che potrebbe far gola al malaffare. Quali sono i vostri strumenti? Qui non si parla ad esempio di saldo delle cubature. Quante ce ne sono rimaste? Quante cubature sono ancora da realizzare? Abbiamo già superato la soglia dei 120mila abitanti che siamo? Vogliamo un nuovo PRG (che significa rifare un calcolo delle cubature veramente necessarie alla nostra popolazione) oppure vogliamo finire di realizzare questo (con una valanga di cemento) e poi nel 2032 farne un altro? Costruire per 250mila abitanti significa che saremo pieni di cemento se non cambiano qualcosa.”

Considerazione: mi sembra che non si voglia cambiare nulla. Si sceglie la linea della continuità con le precedenti amministrazioni perché l’urbanistica ha bisogno di tempi lunghissimi per realizzare piani e progetti.

Io non sono d’accordo.

Intervento (seconda parte)

 

Il PD dice NO al Consigliere Delegato

IMG_5239Col mio gruppo consiliare PD (Enrico Forte, Forte, Massimiliano Carnevale ed io) abbiamo fatto delle considerazioni rispetto al comunicato di LBC vengo definita inadeguata a ricoprire il ruolo di presidente della commissione trasparenza: un attacco personale per palese assenza di motivazioni politiche.
Certo è difficile accettare l’accostamento fatto a LBC con la logica della moltiplicazione delle “poltrone“. Ma la scelta parla da sola.
La motivazione che il sindaco e la sua maggioranza adducono a tale proposta è che il 90% dei comuni abbia il Consigliere Delegato. Questo non è garanzia di buona prassi, ma semplicemente che sia una PRASSI. Buona o cattiva è lasciata al giudizio politico e noi siamo convinti che questa non sia affatto una priorità per la nostra città: piuttosto un sintomo di grande debolezza e si presta ad una lettura nel senso di una moltiplicazione delle cosiddette “poltrone”.

Se non è legge, non è obbligo.

La facoltà di sostenere, studiare e aiutare il proprio sindaco non è preclusa a nessuno, e lo si può fare anche senza il “titolo” di una carica politica per la quale si modifica uno Statuto Comunale, tanto più che è senza retribuzione, senza potere di firma, senza valenza esterna: sostanzialmente cambia solo l’ufficialità di un ruolo politico in più.
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Poi, per quanto riguarda l’attacco alla mia persona, ricordo che il ruolo di presidente della commissione trasparenza è dato all’opposizione, ma ciò non significa che il presidente di turno debba essere condiscendente o più “morbido” con la maggioranza a causa del ruolo che riveste: guai! LBC ha la maggioranza e ha il dovere di governare questa città, ha il compito di trovare soluzione alle questioni che attanagliano l’economia e che immobilizzano la macchina amministrativa.

Se qualsiasi membro dell’opposizione ha rilievi, dati di denuncia o critiche da fare rispetto all’operato della maggioranza, ha il dovere di farle perché rientra nel suo ruolo di controllore, e come tale io sto agendo. Conosco il mio ruolo e lo esercito nell’ambito delle mie prerogative senza che intimidazioni o minacce mi possano far retrocedere.
LBC la smetta di fare “opposizione all’opposizione”: il loro ruolo è governare e sarebbe bene che lo facessero riflettendo sulle critiche, non attaccando le persone. Se non condividono le critiche, vadano pure avanti forti della convinzione delle proprie scelte. Cercare di mettere il bavaglio all’opposizione o pretendere che sia malleabile e arrendevole perché un suo componente è Presidente della Commissione Trasparenza, dimostra che c’è confusione nel riconoscere i diversi piani su cui si muovono il ruolo istituzionale e quello politico. In Commissione Trasparenza porto questioni su cui far luce attraverso l’approfondimento e la consultazione dei dirigenti amministrativi e assessori, non porto giudizi politici

La differenza io ce I’ho ben chiara.

Sul Consigliere Delegato esprimo un giudizio politico negativo e lo faccio con tutto il mio gruppo.

Ci preoccupano i toni intimidatori e di attacco personale del comunicato: la politica può assumere toni aspri e le critiche possono farsi dure, ma mai si deve intimare al silenzio o mettere in sordina i propri oppositori: soffocheremmo la democrazia.

Si poteva fare meglio…

imageStride. E lo senti per alcuni giorni.
È come andare in discoteca quando hai la morte nel cuore.

Ormai le vittime del terremoto sembra quasi di conoscerle: la nonna e i due nipoti, la coppia trovata abbracciata, il bambino di 8 anni, il cane esausto e poi morto, il sindaco di Amatrice e il suo assessore a riconoscere i corpi prima di andare dai propri familiari… Un dramma che la tv ci mette dentro, anzi, nel quale ci catapulta e di cui abbiamo necessità di conoscere altro ed altro ancora.

Ci si prodiga in mille diversi modi: donazioni di denaro, di beni di prima necessità, circolazione di informazioni, attivazione di punti di raccolta…
Anche perché noi, in fondo, stiamo nelle nostre case e abbiamo tutto: loro non hanno più niente, neanche gli affetti. E questo ti mette in uno stato di lutto, quasi un sano senso di colpa che ti porta a condividere quello che hai con chi non ha.

Ed ecco lo stridore: i fuochi d’artificio di ieri sera erano meravigliosi: li ho visti da casa. Non avevo voglia di uscire, ma i fuochi si vedevano ed erano maestosi, ricchi, coloratissimi… a festeggiare? Facevo fatica a ricordare cosa.

Ecco allora lo stridore.
E ancora concerti in ogni borgo di Latina, in città, la notte bianca con apertura dei musei ecc…
Bello, tutto bello.
Ma stride.

È vero, come ha detto il sindaco Coletta, “La cultura può e deve essere, in certi momenti, un “luogo” di incontro per esprimere e ribadire insieme vicinanza, sostegno, incoraggiamento”. Ma la cultura deve anche sapere e volere accogliere i sentimenti più profondi della propria comunità che vorrebbe momenti di condivisione e di riflessione più in sintonia con il comune sentire di un lutto profondo come quello che oggi tutti proviamo.

È una questione di opportunità che merita scelte in sintonia con il cuore della propria comunità.

PD: una casa comune

imageHo letto l’intervento del senatore Moscardelli circa il ruolo e la funzione del nostro partito all’interno del nostro territorio.

Siamo quindi all’unisono rispetto alla necessità, che in più abbiamo evidenziato nella direzione provinciale, di modificare la nostra organizzazione e la modalità con cui ci confrontiamo con i nostri elettori e con tutti quelli che riconoscono nel nostro partito un luogo per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, come cita l’art.49 della nostra Costituzione. Siamo anche d’accordo che un partito “deve interpretare le aspirazioni di sviluppo e crescita della città aprirsi al contributo di energie nuove con sensibilità diverse”.
Dobbiamo ora dire, peró, come si arriva a questo.
Voglio allora aggiungere un tassello per dare un contributo di concretezza.
Nell’attesa della convocazione di questa assemblea aperta, aspetterei a mettere sul piatto proposte già definite nei minimi particolari, come la seconda parte dell’intervento del sen. Moscardelli riporta.

Porsi in ascolto dell’elettorato richiede sempre una grande dose di umiltà e di capacità di adattare e modificare le idee che ognuno ha: ciascuno le ponga come proposte, non già pacchetti di progetti preconfezionati e inamovibili.

Sarebbe utile, ad esempio, capire insieme se la Casa della Musica, progetto già in serbo da diversi anni, non possa essere modificato e migliorato per renderlo più rispondente ai bisogni culturali di un presente che si evolve con la velocità della luce considerando che nel frattempo molto è accaduto dal punto di vista culturale a Latina.

Sarebbe utile, ad esempio, organizzare dei forum tematici del PD, non già di follower di uno o dell’altro politico, il tutto in seno al partito che diventa un contenitore di idee e di elaborazione politica, di proposte amministrative, una casa comune.

Appunto, capire insieme, pronti ad essere permeabili a contributi di chi vuole partecipare e sentirsi parte di un progetto più grande delle proprie singole idee, pronti tutti a perdere un pezzetto della propria idea originaria per accogliere il contributo altrui necessario a creare uno spazio di idee e di progetti veramente comune e sentito comeproprio da ciascun componente.

Questa è la moneta da pagare per far diventare il nostro partito una vera comunità di persone.

PD: il momento della verità.

Intervento Direzione Prov.le PD 1 luglio 2016

imageLa percezione del PD e i suoi effetti
Siamo ancora storditi dalla sonora batosta delle ultime elezioni. Latina, che credevamo di poter almeno contendere al ballottaggio e Terracina. In un paese di 3000 anime si sente meno il riflesso delle politiche nazionali: entrano in gioco più le dinamiche familiari. Bastano due o tre famiglie che votano da una parte o dall’altra e il risultato si sposta. In paesi come Minturno, delle dimensioni del quartiere Q4-Q5, aver vinto è si una bella cosa, ma non compensa minimamente la sconfitta del capoluogo di provincia.

In città come Latina, Aprilia, abbiamo categorie e mondi: la scuola, l’associazionismo, le categorie professionali…
In una città come Latina, ad esempio, molto, moltissimo ha influito il giudizio sulla politica nazionale del PD: il nostro partito è identificato con la figura di Renzi e con le misure che il governo prende, misure raccontate – badate – unicamente dai media. Di fatto non c’è un partito che informa, che raduna i cittadini per spiegare quali sono nel dettaglio gli interventi di un governo che sta facendo. Il nostro governo sta operando scelte importanti, sta modificando parti della carta costituzionale, sta intervenendo su un sacco di cose. Noi PD del territorio stiamo guardando, criticando, ma restiamo pressoché passivi, inerti. Lo testimonia la sostanziale assenza sui temi, la difficoltà del raccogliere le firme per il referendum, ad esempio…
Se il PD fa qualcosa, intendo se prova a fare incontri tematici, purtroppo fallisce perché presenziano i pochi soliti “carri armati di Mussolini”, ovvero noi stessi, bombardati da sms. Al nostro esterno noi non interessiamo, le persone non ci vengono dietro.

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Quindi resta la percezione del partito unicamente nazionale e veicolata da programmi televisivi che fanno tanto gossip politico e abbiamo un partito assolutamente silente a livello territoriale.

Sui giornali locali, invece, il partito si esprime attraverso i comunicati dell’una o dell’altra figura più o meno istituzionale che inveiscono, fanno illazioni, accusano, propongono soluzioni come congressi e nomine di scrutatori rappresentando un PD che è l’aia di un pollaio.

Cosa rappresenta il PD
Il PD attualmente non rappresenta che se stesso, ovvero i politici che lo abitano da sempre più o meno, una classe dirigente dura a farsi da parte, che non fa un passo indietro neanche se perde le elezioni, che riesce sempre a dire che non è che il cavallo l’ha disarcionata, ma che la sella era legata male, che il cavallo era zoppo…
A Latina abbiamo perso.
Sonoramente.
Dopo una sconfitta così pesante va data una sterzata importante, che tutti devono percepire come tale. Anche noi.

Non serve dire che è stato solo per 600 voti, che la colpa è di Moscardelli che non ha fatto quasi nulla, che Forte non era il candidato giusto, che c’è stato il voto disgiunto, che non ha funzionato la strategia comunicativa…

Le vecchie logiche dei perdenti
Noi abbiamo perso perché abbiamo fatto scelte guidate dalle vecchie logiche, quelle numeriche interne al partito, quelle delle rendite di posizione, quelle che preferiscono gli accordi al confronto aperto con il proprio elettorato, che è quello che poi ci legittima, ci dà i numeri per lavorare, o ce li toglie e ci umilia.
Le logiche di sempre, insomma. Si continua a parlare di schemi politici e non si parla di persone.
Da quando sono in questo partito (dalla sua nascita) ho visto entrare e uscire non so quante belle e brave persone, il nuovo, quello della società civile come me, quello che ci agganciava agli elettori…

Tutti scappati via.

Abbiamo da tempo abbandonato, o forse non è stato mai veramente arato e seminato e curato il campo della politica territoriale, e abbiamo, per lo meno a Latina, lasciato questo campo a chi ha riempito il nostro vuoto, occupando quello che era il nostro spazio: i nostri avversari civici di LBC che hanno tra le fila numerosi ex dirigenti del nostro partito.

Meno consenso
Ma parliamo dei nostri elettori, quelli che non vogliono la tessera ma che fedelmente e fiduciosamente ci votano, chissà ancora per quanto.
Diminuiscono di elezione in elezione. Loro vogliono sentirsi parte di un progetto comune, dove possano essere ascoltati e considerati. Da quello che ho potuto capire, molti si sono sentiti usati per fini elettorali, come delle macchinette da voto: finché erano utili per votare per qualcuno nelle competizioni interne, venivano presi in considerazione, nel momento in cui non c’erano “conte”, non venivano minimamente considerati.
Questi quelli più vicini, i 6mila delle primarie.
Ma tutti gli altri? E gli altri 8mila?
Quante volte abbiamo incontrato i nostri elettori? Quelli che dovrebbero legittimare il nostro ruolo, le migliaia che vengono alle primarie o che devono farci vincere alle amministrative votandoci ogni volta sperando che cambiamo?
Li conosciamo?
Cosa ne pensano di noi?
Cosa pensano delle politiche del PD?
Quale PD vogliono continuare a sostenere e quale PD non vogliono?

Noi dobbiamo fare i conti con questa continua emorragia che interessa i nostri tesserati ma soprattutto di nostri elettori. Finché non capiamo e non ci diciamo sinceramente perché se ne vanno, finché non mettiamo a fuoco il vero problema, non saremo in grado di ripartire.

Partito vs. personalismi
Molti ci rimproverano che con le primarie non abbiamo saputo dare l’immagine di un partito che al suo interno sa riconoscere, valorizzare e investire in ciò che la gente vuole: nuovo, giovane, donne.
“Perché non ti sei candidata alle primarie? Perché Cozzolino non si è candidato?”
E qui torniamo al vizio di questo partito: i personalismi.
Se dobbiamo lasciare sempre l’azione politica all’iniziativa del singolo che si propone, o del singolo che benedice qualche candidato, non ne usciremo mai fuori.

Quello di cui abbiamo bisogno è un vero Partito Democratico, non l’asservimento di una struttura a servizio di uno o più singoli alla ricerca della propria sistemazione. Mi correggo, non siamo una struttura (non vedo strutture ed organismi funzionanti), siamo piuttosto una rete di persone collegate le une alle altre da promesse, accordi e legami che blindano ogni volta le scelte (che di solito sono: chi si candida a cosa). 

La scelta dei candidati a cariche amministrative o istituzionali che caratterizza e che identifica il nostro partito, dovrebbe di volta in volta tener conto dei cambiamenti, degli umori, delle richieste che il territorio e il nostro popolo democratico ci fa attraverso i propri organismi democratici.

Organismi vuoti
Questa direzione provinciale, invece, è piuttosto la cabina di regia a servizio del prolungamento del potere di qualcuno, finalizzato alla conservazione dei voti necessari, badate, non per vincere, ma per sopravvivere tra i perdenti. Questo è il cancro di questo partito. Infatti si parla di “tenuta politica…”.

Mi dispiace Salvatore, questo non è un organismo, è una cabina di regia.
Dov’è l’elaborazione politica?
Dove sono le decisioni deliberate da questo organismo?
Esistono dei verbali dove viene data una linea politica, una direzione da imprimere al PD dei nostri 33 comuni? O si va tutti a casaccio? Apparentemente a casaccio, perché poi ognuno sa fare i propri conti.

Dov’è l’esecutivo
? Chi sono i referenti operativi, in questa provincia, i referenti delle politiche del territorio con i quali noi dovremmo elaborare le politiche innanzitutto, e poi promuovere per offrirle ai nostri amministratori? Quali sono le politiche ambientali? della raccoltla e gestione del ciclo dei rifiuti? Le politiche scolastiche, quelle della gestione del territorio, agricole, turistiche, del lavoro, industriali, quelle dell’inclusione, dell’immigrazione?
Oppure lasciamo tutto all’iniziativa sempre del singolo?
Lasciamo tutto alla sovranità territoriale? Questa sovranità – mai parola tanto giusta – dobbiamo intenderla come sovranità del potente di turno?
Con l’alibi che dobbiamo valorizzare il territorio lasciamo il partito democratico in una anarchia manovrata invece dall’interesse di qualcuno.
Il PD una comunità di persone
Se vogliamo sopravvivere, se vogliamo continuare ad avere un contenitore dove fare politica, se vogliamo finalmente diventare una comunità di persone – ricordo che questo era il punto di partenza del nostro partito, una comunità di democratiche e democratici…- se vogliamo ancora avere un partito dobbiamo iniziare un’azione collettiva, di scelte operate guardando ai bisogni del territorio e tenendo conto degli umori del momento storico e politico che viviamo, dove gli organismi sono l’unico luogo in cui dobbiamo mantenere alta, onesta e sincera la discussione che prelude alle scelte, dove i membri non siano lì come delle pedine a rappresentare numericamente l’interesse di un gruppo che si è già apparecchiato la scacchiera per mettere questo qui, questa lì, quest’altro candidato qui e quest’altra candidata lì.
Dobbiamo iniziare ad usare un metodo trasparente ed obiettivo per le scelte che ci caratterizzano nei momenti topici della vita del nostro partito, come quello della scelta dei candidati, ad esempio, nelle elezioni amministrative e regionali, oppure a livello politico nazionale.

Personalmente ho sempre chiesto di stabilire prima i contenuti politici attorno ai quali successivamente poi ci si aggrega si e lavora. Non credo che sia politicamente vincente un modo diverso di lavorare: è gruppettaro, è correntizio, vecchio, è da politicanti che nessuno degli elettori vuole più.
Non si può scegliere prima con chi stare e poi si lavora.
Non si può più sentire in giro la domanda:” Tu con chi stai?”
Non si può scegliere prima il candidato e poi formulare un progetto politico attorno a quello, giusto così per dire qualcosa.
Non si può. Questa non è la politica di cui oggi c’è bisogno.

Di cosa c’è bisogno oggi?
Che si torni alla Politica, dobbiamo tornare a fare politica con i temi, le proposte, aggregando chi le vuole sostenere, mettendo su attività a servizio dei temi non delle persone, costruendo una comunità di persone, che vanno ascoltate e considerate e questo certamente ci porrà di fronte a tante incognite perché se si ascoltano le persone, il percorso si può anzi dovrà essere modificato in itinere continuamente perché il mondo cambia con una velocità supersonica e noi dimostriamo continuamente di essere dei dinosauri.

La mia proposta
Io propongo di azzerare tutte le posizioni di questo partito: presidenti, segretari, tutto ma non per mozioni di sfiducia, bensì per un passo indietro che questi faranno per sostituire la vecchia classe dirigente con una nuova generazione di classe dirigente.
Questa non è una rottamazione, intendetemi bene. È la possibilità che il partito si dà per rispondere con un atto vero, di reale scelta politica, di grande coraggio e di grande generosità. Perché se togliamo la gratuità dalla passione politica non resta nulla, anzi, restano solo sconfitte.
Un atto, quello di fare un passo indietro, che parla la lingua del popolo, che parla la lingua degli italiani che chiedono, anzi urlano nei confronti dei partiti la necessità di cambiare paradigma.
E noi lo possiamo fare senza abdicare nei confronti della politica!
Non siamo i civici inesperti e allo sbaraglio che chiedono collaborazioni gratuite e curricula ai cittadini per farsi aiutare!
Non siamo i grillini che ostentano una democrazia spinta, che invece è telecomandata da oligarchi.
Abbiamo persone competenti, e che hanno fatto esperienza in questi ultimi anni, che conoscono gli strumenti della politica e possono sopportare la difficoltà di questo momento ostile ai partiti, solo se avranno un vero partito alle spalle, quel partito fatto di gente esperta e navigata che si mette accanto e tifa per la nuova generazione perché questo è l’unico modo di continuare a dare un senso al proprio percorso di politico e amministratore ormai concluso.
Questo è il nuovo percorso per cui la gente si riconoscerà in noi, che ci farà riconquistare la loro fiducia e ci farà tornare la voglia di fare politica insieme.
E concludo.
Sapete perché credo che questa sia la strada?
Qualche settimana fa a scuola, attaccato ad un armadietto, c’era un foglio con su scritta una frase attribuita ad Albert Einstein: “I problemi non si risolvono usando la stessa mentalità che li ha generati.
La soluzione non verrà dai ragionamenti fatte dalle teste che hanno contribuito al crollo del nostro partito, verrà però grazie a quelle persone lì, ai senatori, ai deputati, segretari e presidenti.
La rigenerazione di questo partito ci sarà se con un atto politico, libero, coraggioso, e generoso questi sceglieranno di rinunciare alle loro posizioni presenti e future per dare una nuova classe dirigente al partito, una nuova generazione di candidati, di eletti, di segretari, di presidenti…
Non ci sono altre strade. Il resto sono solo sotterfugi che non potranno convincere neanche noi stessi.
Dobbiamo far dire di noi: ma hai visto che ha fatto il PD? Incredibile. Finalmente! Questo mi piace! Questo è il partito che voglio!