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L’ONESTÀ DISONESTA

Quando ponevo il serio problema dell’inesperienza politica brandita come una virtù in quanto sintomo di onestà, ricordo gli attacchi degli esponenti civici nei social: i futuri esponenti della politica locale e nazionale affermavano che quello non era il problema perché avrebbero imparato presto e fatto piazza pulita di tutto ciò che non era bene comune.

Dopo quasi tre anni in loco e quasi un anno a livello nazionale le pagine del libro LBC appaiono sbiadite, piene di cancellature e correzioni; il M5S si dimostra debolissimo e perde consenso di fronte al leone della politica con cui si è alleato.

Se l’onestà ha prodotto tutto questo, presta il fianco a chi afferma “meglio quelli di prima: rubavano ma le cose le facevano!”

Questo, non possiamo accettarlo.

Quello che aveva di buono la vecchia politica era l’alto senso delle istituzioni: non si poteva aspirare di candidarsi a consigliere comunale se non si era fatto un percorso interno al partito che prevedeva percorsi di formazione, esercizio della rappresentanza, partecipazione alle scelte di indirizzo che venivano poi trasferite dagli eletti nel campo degli organismi istituzionali. Insomma, non solo bisognava sapere cosa si andava a fare ma si era portatori di una cultura politica.

Oggi, i continui riferimenti a dati e numeri nei discorsi dei nuovi politici rivelano una mancanza di visione complessiva, priva di una progettazione a lungo termine, priva di una cognizione solida di cosa serve fare oggi per poter realizzare un progetto domani. I dati tecnici sono un paravento dietro al quale si nasconde l’ignoranza chiatta e miope: se i dati fossero gli unici elementi per scegliere, allora ci affideremmo direttamente ai tecnici come è stato per il governo Monti.

La sola onestà non basta a fare politica, anzi, rischia di aprire le porte alla disonestà.

Proprio perché non si posseggono gli strumenti della politica, il politico onesto ma ignorante diventa lo strumento del disonesto, dell’affarista, del mafioso.

Nelle pieghe dell’ignoranza, nel vuoto della memoria storica dei fatti amministrativi, nella debolezza di visione generale si nasconde il rischio di diventare disonesti… “a propria insaputa”.

Destra unita e il “santo in paradiso”.

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Non trovo incredibile che la destra si sia organizzata per presentarsi in modo unitario alle prossime elezioni amministrative del 2016.
Lo trovo spudoratoÈ comprensibile che si uniscano coloro che non avrebbero alcuna speranza di poter conquistare “il governo della città” se non insieme (forse) e dopo che per ben due volte quei medesimi politici sono stati smascherati perché invece che “per il governo della città” erano in tutt’altro indaffarati.

Ben 9 inchieste, voglio ricordarlo, sono state aperte dalla magistratura nei confronti della gestione del Comune di Latina durante l’era Di Giorgi su diverse questioni: rifiuti, variante Borgo Piave, spalti stadio, via Quarto, verde, spacchettamento appalti, campi sportivi senza concessioni, proroghe all’infinito…

Cinque anni fa il giovane latinense, da poco eletto in Consiglio Regionale e aspirante sindaco, fa un pubblico “mea culpa” per i disastri a firma Zaccheo, giura discontinuità e vince le elezioni.
Si insedia l’amministrazione Di Giorgi, piena di vecchi e di nuovi, con una giunta cangiante Romano-Latinense al bisogno.

Cade di nuovo e giurano “mai più insieme”.

Oggi leggiamo che le varie componenti di centro destra, che fino a ieri giuravano che non avrebbe mai più fatto accordi di nessun tipo con i propri fratelli-cugini ex PDL, ritrovano l’unità su un progetto politico che – audite audite – supera le divisioni sui temi di urbanistica, rifiuti, cimitero e metropolitana.
MA QUESTI SONO I TEMI CALDI della scorsa consiliatura ai quali i proprio gli stessi Calandrini, Tiero, Calvi e NON HANNO SAPUTO TROVARE SOLUZIONI PER BEN 4 ANNI!!!
Ma ci prendete in giro?
Ora hanno trovato l’intesa.
Fuori tempo, signori.

Quale credibilità può avere chi, alle strette, giura di fare il bravo la prossima volta, dopo che è stato colto in flagrante per ben due volte, con le mani nel grande sacco delle varianti urbanistiche, delle volumetrie raddoppiate e triplicate, dei doppi acquisti di aree già in possesso del Comune?
Chi volete incantare ancora?

Lo so, sperate ancora di essere quel “santo in paradiso” del cittadino che spera di trovare in voi chi gli sbriga le pratiche comunali.
Ecco perché ve ne andavate con faldoni in giro per gli uffici… ed io, neo eletta, a chiedervi se mi ero persa qualcosa, se dovessi anch’io procurarmi quel pesante fardello che supponevo indispensabile per l’espletamento del mandato di amministratore.
Dopo che con insistenza chiedevo cosa fossero tutte quelle carte, una risposta per tutte: “Ma scusa, come credi che mi possa mantenere tutti i voti che ho preso?“.
Sono felice ed orgogliosa che i miei 650 elettori non mi abbiano mai chiesto favori personali, o di fare per loro il lavoro che gli uffici sono tenuti a fare e che un certo politico, ahimé, “velocizza“, facendo credere al cittadino che quello sia un favore da ricambiare con un fedele voto da parte sua e della propria famiglia, quando invece è un diritto del cittadino quello di avere un’amministrazione che funzioni.
Ecco il motivo per cui la macchina amministrativa non veniva modernizzata, non veniva resa trasparente, non veniva resa efficiente: avrebbe tolto il lavoro e il consenso a certi politici…

Ed è questo lo scatto richiesto alla nostra città: il politico, nonostante debba mantenere una grande sensibilità nei confronti delle difficoltà particolari delle persone, deve prendersi cura della collettività, deve rendere più agevole, più efficiente, più trasparente, più accessibile il percorso di qualsiasi atto amministrativo. Deve sostenere la propria comunità, coordinando e agevolando il lavoro del terzo settore, progettando insieme alla comunità gli interventi che vengono erogati per evitare di trattare i cittadini fruitori finali dei servizi come oggetti sui quali far ricadere le proprie politiche. I cittadini vanno resi protagonisti e soggetti con i quali collaborare.
Gli elettori, da parte loro, devono pretendere dai propri eletti che si occupino della città tutta, perché è li che si gioca il futuro: il ben-essere si misura in termini di vivibilità collettiva, non individuale.
Gli elettori devono pretendere dai propri eletti che vengano alzati quegli standard che purtroppo oggi ci vedono fanalino di coda di tutte le classifiche, dall’ambiente alla trasparenza, dai servizi alla persona alla vivibilità in generale.

Il voto fidelizzato non fa bene a nessuno: il politico resta impunemente al suo posto nonostante combini disastri alla città e il cittadino resta chiuso nel proprio bisogno individualistico che il politico soddisfa: il disastro è garantito.

L’alternanza è lo strumento che rende i politici migliori (se faccio bene sarò confermato e altrimenti no) e i cittadini più attenti a valutare l’operato dei propri amministratori.

Cambiare si può: è il momento dell’alternanza.

COSA DICE QUESTO NATALE AI POLITICI

No, non dirò che il natale ci vuole tutti più uniti e più tolleranti.

img_1337.jpegL’unità, la tolleranza, il coraggio, la generosità non sono vestiti da indossare e poi togliere. Diceva Igino Giordani, padre costituente “la fede non è un cappotto che si appende prima di entrare in parlamento” sottolineando la necessità di mettere in pratica i valori cristiani sempre.

Quello che ci insegna il Natale è una cosa diversa.
Siamo in una fase politica locale difficile: il PD ha un candidato sindaco scelto con primarie partecipate e corrette (non ci sono state contestazioni o ricorsi), eppure, nonostante il vuoto della destra, non riesce a decollare a causa di interdizioni poste da chi è risultato perdente proprio alle primarie: l’eterna lotta tra due parti.
I giornali riportano con prontezza le vicendeimage

Latina Oggi
LatinaQuotidiano

Penso che in ogni ambito della vita ci sia bisogno di affinare l’arte del “saper perdere”.
A scuola cerchiamo di insegnare l’onestà intellettuale, di ammettere di aver sbagliato e di ripartire con umiltà: ci si rafforza e si cresce donne e uomini sani moralmente e con la schiena dritta.

In politica chi perde deve rialzarsi e ripartire dalla Politica con la P maiuscola, con umiltà e rinunciando a tattiche che hanno il sapore di ripicche. Le strategie per mantenere rendite di posizione dentro i partiti sono ormai riconoscibili e facilmente smascherabili: se un partito non è coraggioso nelle scelte di trasparenza e legalità, generoso nel formare e sostenere i “nuovi” al proprio interno e se non si concentra a risolvere i problemi dei cittadini non fa il suo dovere e prelude allo sfascio.

Il PD sta perdendo tempo prezioso e non permettere agli organismi democratici di procedere nel loro corso significa comportarsi come se il partito fosse più importante della città, la quale aspetta e si aspetta dal PD una dimostrazione di saper vincere per governare.
Come non capire che ora più che mai sono gli organismi a dover pesare di più delle posizioni dei singoli?

Una situazione di disunità fa venire la voglia di scappare, di mandare in malora tutto.

Ma qui arriva il vero insegnamento del Natale: un Dio incarnato è sceso negli abissi di una umanità piena di limiti e capace di orrori come la guerra, il terrorismo, la pedofilia, gli eccidi. Si è incarnato per vivere sulla propria pelle la sconfitta, la vergogna, l’abbandono fino alla morte da indegno.

E allora il Natale ci dice di non scappare davanti alle disunità, le brutture, le assurdità, bensì di entrarci dentro senza paura e lavorare senza sosta per un bene più grande e mai per i piccoli ed egoistici interessi particolari.

Mi piace chiudere con le parole di Igino Giordani che profondamente mi motivano a continuare la strada dell’impegno politico.

Pare a molti che la politica sia un’attività inferiore, ed equivoca, da lasciarsi ai maneggioni: e non capiscono che se dalla politica si allontanano gli onesti, il suo campo è invaso dai disonesti: e la politica tira con sé tutta la nostra vita, da quella fisica a quella morale; e una politica fatta da disonesti porta alla guerra, ai dissesti finanziari, alla rovina della ricchezza pubblica e privata, al malcostume, al disprezzo della religione, alla manomissione delle famiglie… Se la politica è sporca, insomma, va ripulita: non disertata.” (La Rivolta Morale, 1945)

Ecco l’augurio per questo Natale: saper accendere la luce del Natale nel buio degli angoli della nostra vita.
Nicoletta.

Il “patto indelebile”.

imageA seguito di un’operazione con indagini durate un anno, la nostra polizia di Stato è riuscita ad  inchiodare un sistema malavitoso che aveva messo le radici nella nostra città da molto tempo, operando in diversi settori e ingraziandosi benevolenze presso alcuni politici.
Tutti sapevano, tutti ne parlavano.
In tanti si osservava e ci si chiedeva come potevano taluni agire indisturbati e alla luce del giorno ostentando arroganza e disprezzo delle regole.

Un sistema, un’organizzazione che evidentemente godeva di coperture politiche perché la spavalderia che caratterizzava le loro azioni non poteva essere che protetta, a sua volta, da un qualche burattinaio potente che poteva muovere anche altri fili e decidere chi toccare e chi non toccare: da qui il nome dell’operazione Don’t Touch.

E come in un campo coltivato esiste erbaccia, zizzania ma anche piante buone, così la nostra Latina ha dimostrato di essere anche qualcos’altro, non solo una città pigra ed assuefatta. Ieri tanti di noi hanno colto la bellissima occasione per dimostrare che l’ABC della convivenza sta nel riconoscimento e nel rispetto delle regole che ne sono alla base, e che senza queste regole si vivrebbe come in un Far West: paura e dominio del più forte di turno.

E invece no. E non dipende solo dalla polizia.

Dovunque lavoriamo, dovunque operiamo, dovunque siamo anche con il nostro semplice respiro dobbiamo esprimere che la legalità e il rispetto delle regole sono l’ossigeno che deve scorrere nelle vene della nostra città, attraverso i rapporti interpersonali, attraverso la limpidezza delle nostre relazioni, attraverso la trasparenza del nostro agire, nella scelta di cui è carica ogni nostra azione quotidiana: dal rispettare il rosso, dal fare una segnalazione, dal rispettare gli orari di lavoro, all’andare a raccontare quello che viviamo sulla nostra pelle, come ci ha chiesto il Questore De Matteis, sicuri di trovare nei poliziotti “chi lavora senza orario, con grande sacrificio e fatica, che rinuncia alla famiglia, che rischia la pelle tutti i giorni“.

Siamo in tanti, tantissimi che vogliamo il rispetto delle regole senza deroghe e ieri abbiamo alzato una denuncia corale nei confronti di chi se ne beffa, e abbiamo alzato forte un grido di riconoscenza a chi si è esposto per farla rispettare: GRAZIE.

imageUn grazie CORALE.

Ieri abbiamo stretto un patto indelebile tra noi cittadini e forze di polizia, un patto che in quanto cittadini, ci domanda di più, esige un surplus di reattività: non più spettatori, non più osservatori critici, ma protagonisti e padroni del nostro territorio.

Ieri, in coro, abbiamo cantato un meraviglioso canto di libertà.

In ViaggioXLatina

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Vi aggiorno del viaggioxlatina che abbiamo iniziato.

Vi dico subito che per me personalmente rappresenta un’occasione importante per collaborare in modo reale alla costruzione di un programma per la nostra città.
L’idea del viaggio rispecchia bene quello che intendiamo fare: metterci in cammino e condividere la strada verso l’obiettivo finale, una proposta di città rigenerata.

Voi direte:”Nicoletta, siamo stufi della politica e dei politici“.
È vero, noi tutti siamo stufi di come hanno usato la politica per raggiungere interessi economici o di potere.
Ciò di cui noi tutti siamo stufi è la disonestà praticata dentro la politica, siamo stufi che i disonesti della politica siano sempre lì a parlare, agire e dirigere.
La politica però, non può stufarci: è il “luogo” dove si prendono le decisioni che riguardano tutti noi.

Il problema è chi frequenta quel luogo.

Latina ha bisogno del meglio che i suoi cittadini possono offrire.

Non credo che il “meglio” sia colui che ci fa vincere, e quindi colui che ci porta i voti della destra, come pensano alcuni del mio partito, dal momento che “a Latina tutti sono un po’ di destra e l’unica speranza è di portarsi quelli della destra dalla nostra parte!”: una sorta di armata Brancaleone.
Ditemi con che criterio si governerà… Necessariamente col criterio del “do ut des”: ad ognuno il suo pezzetto di potere in cambio dei voti portati, salvo poi cadere nella trappola del ricatto qualora il personaggio di turno non ritenesse di aver ricevuto abbastanza.
No, questo non è il “meglio” per la città.

Gli elettori della destra che vogliono il bene della città sanno che l’alternanza è l’unico modo per “punire” chi ha malgovernato, scegliendo “gli altri” che dimostrano trasparenza, onestà e competenza. La libertà dagli schemi ideologici aiuterebbe l’alternanza che ha come criterio di scelta la valutazione dell’operato dei politici e della fattibilità dei progetti proposti.

Non credo neanche che il “meglio” sia colui che non ha mai avuto niente a che fare con la politica e quindi considerato pulito, “basta che sia onesto!”: no, neanche questo è il “meglio”.
Bisogna conoscere bene i comandi dell’aereo, non basta essere solo onesti e avere tanta buona volontà… La macchina amministrativa, il baratro economico-finanziario, i macigni dei problemi non risolti, il rapporto con gli altri enti, la gestione delle dinamiche interne alla propria compagine richiedono molto più dell’onestà e della buona volontà: queste qualità sono forse sufficienti per un presidente di associazione.
Per un sindaco sono condizioni necessarie ma non sufficienti.

Ed è per questo che non posso non impegnarmi.
Viviamo qui a Latina, e ora in un periodo storico difficilissimo. Non posso esimermi dall’impegnarmi perché la nostra comunità non si può servire ed amare solo in tempi facili, quando fare politica porta popolarità e riconoscenza: qui ed ora è il momento in cui Latina ha bisogno di essere servita ed amata anche con la competenza.
Offro il mio tempo, la mia storia personale, professionale e politica a servizio di un disegno per la mia comunità, non per una persona.

Non seguo le persone (chi mi conosce, lo sa), ma sono pronta a dare tutto per un progetto sano, onesto e di spessore. E la nostra comunità non si merita niente di meno.
Non mi entusiasmano le persone, ma lavorare insieme, cooperare e condividere un’esperienza basata sulla valorizzazione reciproca – nonostante le diverse esperienze di cui ognuno è il prodotto – e mi spendo senza riserve per un lavoro portato avanti fianco a fianco, mai subalterno, mai asimmetrico.

Voglio lavorare alla definizione di una vera alternativa alla destra che, certo era fiera di rappresentare la maggioranza dei cittadini, ma che ha governato in modo spudorato per gli interessi di pochi, distruggendo la dignità di chi si chiama latinense e riducendo Latina ad una “città relitto“.
Con Enrico Forte e con il gruppo che si allarga attorno a noi, stiamo facendo un’esperienza davvero entusiasmante: finalmente si approfondiscono temi, si studiano possibili soluzioni e proposte in un clima di lealtà e di concretezza che non vedevo da tanto tempo.

Non si parla di politici, ma si esce fuori dalle stanze della politica e fuori dai giornali per ritornare nel tessuto umano e cittadino dove la politica è stata assente per anni.
Ebbene, con la storia e l’esperienza che ognuno di noi ha costruito nel tempo, sentiamo di poter offrire il meglio per la nostra città.

Una politica per NON CADERE.

Perché tante amministrazioni traballano?
Perché è così difficile mantenere una compagine di governo fino alla fine del proprio mandato?

La crisi del comune di Formia, l’epilogo nel comune di Itri, Terracina, di Latina, di Priverno, di Nettuno, per citare quelli più vicini a noi, fanno capire quanto sia importante la costruzione di un gruppo prima delle elezioni, non solo per vincerle, ma per essere in grado di governare a lungo ed efficacemente.
I problemi delle città oggi sono enormi a causa  della crisi economica e dei tagli che vengono inflitti ai comuni da qualche anno a questa parte.

Proprio per questo la politica non può permettersi di sbagliare.

Nei comuni commissariati molti cittadini cominciano a pensare che un Commissario Prefettizio sia meglio dei politici. Una pessima prova della politica esercitata in questi anni.
Ecco che si fa avanti l’idea che non ne valga proprio la pena andare a votare per far sfasciare la propria città dai politici ignoranti e ingordi…

Ma le elezioni comunque ci saranno.

LE LISTE CIVICHE
Nasce, allora,  da più parti, il desiderio di rispondere attraverso liste civiche, che, almeno apparentemente, possano chiamarsi fuori dall’inquinamento riconoscibile all’interno dei vari partiti: Rinascita Civile, il Gigante Buono a Latina e chissà quante altre ne nasceranno dall’indignazione dei cittadini anche negli altri comuni.
Aspettative ci sono anche nei confronti di alcuni movimenti e partiti che potrebbero aspirare alla guida della città se la loro crescita a livello nazionale si conferma costante.
I partiti del centro-destra, dall’altra parte, cercano di organizzarsi a livello nazionale con conseguenze inevitabili anche sul locale, mentre partiti da slogan estremi trovano nuovo e facile sostegno.

Però, ipotizzando una vittoria delle civiche o dei Movimenti a Latina, la vittoria potrà essere solo spuria: nessuno da solo arriverebbe a vincere al primo turno. La vittoria arriverebbe così con l’aiuto di qualche altro gruppo politico al momento del ballottaggio.

Ecco che ritorna il solito problema: ci si trova a governare insieme ma senza aver costruito concordemente una linea comune prima delle elezioni.

Pericolo di caduta altissimo.

LE DIFFERENZE
Riporto di nuovo la domanda: perché tante amministrazioni comunali traballano e poi cadono?
Diversi movimenti o civici hanno asserito che le compagini spurie portano instabilità e compromessi inaccettabili.
E che dire di Latina e Terracina dove i partiti erano tutti di centro destra?
Non sono solo le differenze a rompere gli equilibri: è come queste differenze vengono tenute insieme, è la definizione del perché si decide di stare insieme nonostante le inevitabili differenze. L’elemento che unisce non può e non deve essere solo il pensiero di VINCERE.

La tenuta di governo deve essere un obiettivo essenziale per fare il bene della città, ma va costruita sulle basi dell’onesto riconoscersi a servizio della comunità: la CITTÀ viene prima, i POLITICI dopo.
È necessario trascendere i problemi particolari, le beghe interne, le aspettative personali non soddisfatte, per porsi su un piano di interlocuzione e di costruzione più alto.

L’obiettivo, quindi, non deve essere unicamente vincere, ma mantenersi uniti.

IL VERO CAMBIAMENTO
I grandi cambiamenti nella storia dell’umanità sono stati sempre accompagnati da un costo molto alto pagato di persona, un costo che va ben oltre le pretese dei politici dei nostri comuni in crisi: per la democrazia e le conquiste dei diritti di cui oggi noi beneficiamo c’è voluto il prezzo della VITA di persone come noi.
Se questo è il prezzo da pagare per grandi cambiamenti, quanto siamo disposti a pagare di nostro per cambiamenti meno eclatanti ma necessari al Bene delle nostre comunità?

Vogliamo raggiungere il vero obiettivo ossia, governare e far crescere la nostra città?
E allora cominciamo a parlare di TEMI invece che di RUOLI: come risanare un bilancio decidendone le priorità, risanamento di una macchina amministrativa immobilizzata, decidere il criterio di scelta per assessori (possibilmente competenti e non solo pedine di un referente politico che va “soddisfatto” per il suo aiuto in campagna elettorale), gestione dei rifiuti, dell’acqua, del verde pubblico, dei servizi sociali, del rapporto con gli altri enti, lo sviluppo del territorio, la gestione delle criticità ereditate da vent’anni di malamministrazione, il servizio sanitario, come dare speranza e strumenti ai giovani perché diventino parte attiva del percorso di rinascita della città, …
Questi sono i sani nodi che tengono legati i fili di una rete di alleanze civiche o politiche ad alta tenuta: come vogliamo realizzare queste cose insieme.

E il compito alto del politico è saper calare in queste scelte i valori alti, quel patrimonio di valori intangibili che oggi vanno messi alla base delle alleanze.
Scelte coraggiose che hanno il sapore dell’investimento nei confronti del futuro: sostenibilità e rispetto dell’ambiente e quindi rigenerazione al posto di costruzione, riuso e ricliclo; sussidiarietà circolare per un nuovo e rivoluzionario modello di welfare, processi decisionali partecipati

Allo stato attuale c’è una forte tentazione all’interno dei partiti, da parte soprattutto dei “timonieri”, di chi pesa di più nelle decisioni: considerare più “affidabile” il metodo della sommatoria dei voti portati dai diversi esponenti politici nelle ultime tornate elettorali con l’idea di pianificare alleanze pre-elettorali sui numeri del passato.

Ci sarebbe qui da dimostrare, invece lungimiranza nel riconoscere i veri asset sui quali costruire per il futuro: non alleanze tecniche, ma convergenze sulle soluzioni da dare alla città e politici sganciati dalle logiche di lottizzazione del voto, retaggio del vecchio modo di fare politica.
Quindi partire dai TEMI e contemporaneamente individuare subito chi può svilupparli.

LA SFIDA per IL PARTITO DEMOCRATICO di Latina
Il Partito Democratico ha oggi una grande occasione e una grande responsabilità: a Formia, a Latina ed in tutti quei comuni in cui è presente come forza di governo o come aspirante tale.

Gli elettori oggi sono in grado di riconoscere una politica che si costruisce su un piano di “do ut des” e che cerca garanzie di ruoli per il sostegno elettorale dato: non la vuole, ed è pronta a votare altro.
Questa è la politica meschina, quella che tiene insieme coloro che hanno bisogno di perpetuare ruoli e funzioni all’interno di un sistema senza il quale non esisterebbero.

LA POLITICA VERA
La politica è stata definita la forma più alta di carità da Paolo VI, l’ “amore degli amori” da Chiara Lubich non a caso: per amore della propria comunità ci si mette a servizio, mettendo da parte le proprie aspirazioni personali che nel mondo e nel gergo politico attuale sono definite come “legittime”.
Legittime, ho i miei dubbi se vogliamo intendere la politica come servizio: troppo spesso viene intesa come il campo su cui misurare il proprio peso, il proprio potere, dove troppo spesso ci si serve della politica per la propria affermazione personale invece che servire una comunità.
Aspirazioni personali tali da costringere a scelte dal breve respiro o che mortificano le diverse parti che compongono il gruppo, o peggio che soffocano il confronto ed il dibattito interno.
Se qualcuno ha aspirazioni personali, le faccia diventare disponibilità: solo così sarà lo spirito di servizio a muovere l’azione. Altrimenti, è il solito sgomitare.

Insomma, dalla politica non si può prescindere e non si deve scappare: è il nodo dei nodi.
Mi auguro che la politica della mia città sappia uscire dai ristretti limiti dele “legittime aspirazioni personali” e dai personalismi identitari per costruire insieme alle tante forze oneste presenti una vera proposta di rinascita della città… costruendo bene il percorso per non cadere.

FELICITÀ: una questione politica

La felicità non è una questione privata.

Due fatti: 
1- l’aereo precipitato con 150 persone a bordo per un atto suicida del pilota e 
2- un post su FB di un mio amico (con tanti commenti a seguito) sulle devastanti ripercussioni che insegnanti frustrati ed infelici generano su bambini e ragazzi, nella delicata fase della loro formazione.
E poi mi vengono in mente gli uffici, sia quelli che svolgono un servizio al pubblico che no: qual’è il costo sociale dell’infelicità di tanti singoli messi insieme?
Quanto paghiamo, in termini di disservizio, quando in un ufficio, un dipartimento, un posto di lavoro non c’è collaborazione, comprensione, capacità di “andare oltre”?
Quanto siamo ingessati e immobilizzati dai confini che una mansione pone, tali da lasciare zone di limbo in cui nessuno è responsabile, nessuno agisce perché “non spetta a me fare quella telefonata”, “non è di mia competenza”…
Quanto ci costa la cultura dello scontro? È socialmente sostenibile?
Io dico di no. 
Certo, la cultura del “non spetta a me” è indubbiamente foraggiata da un contorno che parla di una realtà unicamente popolata di conflitti: programmi televisivi e titoli di giornale, per come sono strutturati e per come raccontano i fatti, non fanno che alimentare la cultura dello SCONTRO, individuo contro individuo nutrendo  ”il mostro dell’infelicità“. La cultura del singolo con le sue posizioni dalle quali non si deve recedere mai, sia in ambito familiare che politico, come per un fatto di orgoglio, come se si perdesse la propria identità, ci fa credere che l’individuo con le sue singole posizioni, i suoi singoli bisogni e diritti sia il paradigma della società giusta, di una società che punta al benessereindividuale, appunto.
Ecco, forse,  il perché all’anno santo sulla misericordia indetto da Papa Francesco. 
Ora me lo spiego meglio.
La felicità non è solo una grande e intima aspirazione dell’uomo inteso come  come singolo: è una necessità collettiva, sociale “La mancanza di felicità personale è un segno della crisi, la felicità non è legata solo al singolo momento, ma alla vita buona: non si può essere veramente felici da soli perché la felicità nella sua essenza più profonda è un bene relazionale.“(L.Bruni).
E la “vita buona” è, quindi, primariamente legata alla qualità delle relazioni.

In sostanza, amare ed essere riamati: questo è il “come” e il “perché” del nostro vivere, il significato profondo del nostro agire familiare, lavorativo, politico-economico e, quando viene smarrito, produce malessere, infelicità, depressione. 

Bisognerebbe forse render giustizia ai valori della rivoluzione francese che hanno forgiato il mondo moderno: libertà e uguaglianza sono però monchi della fraternità, l’unica che tiene coesa una comunità, che la identifica, non in un’idea, ma in virtù di una relazione,  il senso profondo del proprio esistere.

Politica o potere?

Ho letto sul giornale di oggi un intervento attribuito ad un politico di spicco della nostra provincia. Esprime riserve nei confronti del bilancio di previsione 2014 del comune di Latina perché il proprio rappresentante in giunta, non ha soldi in bilancio per il suo settore definito strategico. Diversamente, fa notare l’esponente politico, Fabrizio Cirilli, Assessore all’Ambiente e al Verde Urbano ne ha moltissimi!

Cos’è, gelosia?

L’impressione che si ricava è che la priorità non sia tanto il settore che non può disporre di risorse economiche, quanto il fatto che il proprio partito non riceva adeguata attenzione.

Se ci fate caso, man mano che la consiliatura va avanti, i programmi elettorali vengono presto dimenticati per far posto prima alle emergenze (ndr: ma non sapevano delle emergenze annunciate prima di scrivere il libro dei sogni?) poi, piano piano, diventano preminenti le esigenze dei partiti che sostengono la maggioranza e che le consentono di rimanere al potere.
Prioritario diventa perciò mantenere l’equilibrio altrimenti, si va tutti a casa.
Ed ecco che la prima preoccupazione è accontentare chi è indispensabile all’equilibrio, NCD, Lista Cirilli, Fratelli d’Italia, o Forza Italia…

Quindi, non aver investito in quel settore è quasi secondario al fatto che il partito non sia considerato importante.
Che ne è della mancata programmazione per lo sviluppo economico, per non aver ascoltato la vocazione del nostro territorio che a tutti appare palese?
Perché non si dice che Latina potrebbe investire in un settore che certamente la vedrebbe emergere economicamente da una paralisi annunciata trent’anni fa con la scadenza dei brevetti farmaceutici, con il declino di aziende incapaci di investire in innovazione e la politica miope e spendacciona… ?
Non traspare questo.

Il motivo della critica con relativa minaccia di votare contro il bilancio, è che l’assessore “senza soldi” “è considerato” politicamente nella misura di quanti euro gli sono dati sul suo bilancio: in questo caso, zero.
E questa è un’umiliazione politica.
Il problema, quindi, è la “rispettabilità” politica, il peso politico dentro una maggioranza.

E la sostanza?

Mi pare che la politica si sia sempre più allontanata dai suoi cittadini e abbia perso ogni credibilità proprio perché ha perso di vista la ragione del suo esistere, ovvero il servizio alla città, il bene di un territorio, i temi che invece sono stati lentamente sostituiti dalle personalità politiche e dalle sigle dei partiti.

Se la politica continua a non guardare alla sostanza, se continuerà, attraverso i suoi rappresentanti, a rivendicare posizioni e ruoli, morirà tirandosi dietro i suoi protagonisti.

Resterà a costruire una nuova città chi saprà incarnare la vera anima della politica: il servizio alla collettività. Punto.