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La mala vicina di casa

Deve farci molto pensare il video rap balzato alla cronaca nazionale dei ragazzi del quartiere Q4 che inneggiano alla malavita latinense.schermata-2021-03-02-alle-09-54-10

Cosa abbiamo generato?

Evidentemente non solo giovani professori universitari all’estero, ma anche ragazzi che “osano sfidare” la legge e tutta un’intera comunità, la stessa che ha sostenuto le forze dell’ordine in quell’ormai lontano ottobre 2015 con gli arresti della questura a guida De Matteis.

L’ostentazione nel video di denaro da proventi illeciti, di pose e gestualità con riferimenti ad atti sessuali da parte di una ragazzina, le parole di sostegno ai Travali in carcere sono una sfida rivolta a tutti noi.

È una sfida CULTURALE: se l’illegalità risulta più affascinante della cultura della legalità e della civile convivenza evidentemente è presente l’humus perché ciò si verifichi.

È una sfida EDUCATIVA: tutti questi ragazzi hanno frequentato la stessa scuola di tutti gli altri ragazzi del quartiere, sono stati bambini, ragazzini, hanno avuto insegnanti e gruppi di wapp di mamme.
La scuola è il primo punto di osservazione di comportamenti devianti, di condizioni economiche, sociali e culturali a rischio di devianza: cosa non ha funzionato nella sua azione educativa?

La scuola e la parrocchia sono gli unici luoghi che tengono insieme persone appartenenti a diversi ceti sociali, a diverse condizioni familiari; la scuola , in particolare, è unico vero luogo in cui si può agire in modo intelligente ed efficace per sostenere la fase delicata della formazione della personalità dell’essere umano: l’infanzia e la pubertà. Questo è il luogo privilegiato della prevenzione alla devianza: cosa non ha funzionato?

È una sfida alla CONVIVENZA CIVILE. I giovani e i giovanissimi del quartiere vivono una condizione di grande insicurezza: loro coetanei  prepotenti e violenti si fanno forti di un territorio poco controllato per imitare i boss e praticare soprusi e violenze che solo i ragazzi conoscono.

I lotti popolari delle “vele” sono considerate una Scampia latinense dove sovente fuochi d’artificio festeggiano il rilascio o la scarcerazione di esponenti della malavita…

Partiamo da un’ANALISI di ciò che non ha funzionato e mettiamo in campo misure PREVENTIVE e CONTRASTIVE efficaci.

È una sfida rivolta a tutti noi, e dobbiamo raccoglierla insieme.

TRASPORTI: il vero rischio in tempi Covid

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I mezzi pubblici possono essere legittimamente “affollati” con l’80% della capienza pre-Covid perché la legge lo consente, ovvero, hanno regole di misure di contenimento Covid completamente diverse da quelle che abbiamo nelle scuole, sui posti di lavoro, nei locali, all’aria aperta…
Un autobus di 12 metri può contenere fino a 65 persone: un distanziamento molto discutibile se paragonato a quello di scuole, cinema, ristoranti…
E’ lo stesso tipo di scelta che si fa quando si alzano, per legge, le soglie di percentuali consentite della presenza di arsenico nell’acqua perché non è possibile abbassarle.
In tutta la gestione dell’emergenza Covid, i TRASPORTI sono una pericolosa contraddizione; sono il settore che presenta maggiori criticità, sia come organizzazione che come effettivo rischio di esposizione contagio.

NON LASCIAMO SOLA LA SCUOLA

schermata-2018-12-21-alle-11-38-03L’attentato all’Istituto Rosselli di Aprilia apre uno squarcio su una realtà che pensavamo esente da rischi: li violenza di massa sui nostri figli. Le immagini delle scuole degli stati uniti vengono improvvisamente richiamate dai fatti della scuola di Aprilia.

Esprimo la mia solidarietà alla Dirigente Scolastica dell’Istituto che si deve far carico di una riflessione profonda e di misure che contemplino anche evenienze di questo genere.

Di fatto, se avessimo una legge che consente di acquistare armi come in USA, ci troveremmo oggi di fronte ad una vera e propria strage.
Il Ministro Salvini spinga meno l’acceleratore per fomentare la paura, non solo perché i dati delle questure danno numeri diversi rispetto ai crimini, ma anche perché il problema di ragazzi che mettono su da soli un attentato con tanto di divisa, bombe costruite magari grazie a video su youtube, e poi si mettono a piangere, rivelano invece un’altra cosa: la pericolosità della fragilità.

I ragazzi sono persone in formazione. Lo ripeto: in formazione.
La scuola, che prende un cucciolo di uomo da quando ha 3 anni e lo lascia dopo 16 anni, gioca un ruolo importantissimo e in troppi casi è l’unica agenzia formativa.

Troppa responsabilità.

La famiglia è in profonda crisi (da zero a sei anni di forma il “copione” di vita che verrà poi solo attuato nei successivi anni); sempre più di frequente le famiglie si pongono in opposizione alla scuola come se dovessero “difendere” il figlio dalle “ingiustizie e dalle difficoltà” della vita.
Le società sportive spesso incentivano la competizione e la selettività, anche sotto spinta delle famiglie. L’organizzazione sociale e politica non riesce a tradurre in sistema ciò che la scuola va insegnando: la solidarietà, la cooperazione, l’integrazione, il merito, la fatica e il tempo per ottenere risultati. Tutto si deve avere subito, possibilmente prima di pagarlo. Una bugia che applicata in tutti i campi genera frustrazione e violenza.

Ecco allora, che la scuola rimane l’unica speranza per intervenire sulla formazione dei cittadini. Non entro nel merito della miriade di attività e progetti che realizzano le scuole, più o meno efficaci (qui le scuole devono mettere mano ai dati e capire l’efficacia dei propri interventi).

Prendo atto che la comunità scolastica ha un osservatorio e un raggio di azione privilegiato perché il 100% dei cittadini (per fascia d’età) passa per la scuola, nessuno escluso: bambini, genitori, nonni, associazioni, lavoratori del settore.
Se la scuola è un luogo dove si vive quello che si insegna, se la scuola è coerente con la propria mission, se l’umanità alimenta i rapporti interpersonali di tutte le componenti di una scuola essendo capace di superare i limiti formali, questa diventa come una famiglia, una vera comunità, una seconda “casa“.
Lo dico perché lo vivo in prima persona nella mia scuola e so che molte scuole sono così.
Solo questo potrà sviluppare anticorpi utili per costruire una società migliore.

Ma da sola la scuola, anche se la migliore, non può tutto.
Solo il raccordo con le altre agenzie formative (famiglia, sport, parrocchia, associazioni…) e la coerenza dei valori applicati e concretizzati in ambito politico e sociale ci garantiranno una copertura e una sicurezza al 100%

NON LASCIAMO SOLA LA SCUOLA.

Dimensionamento: scuola oggetto.

Leggendo e conoscendo della vicenda del dimensionamento, non posso fare a meno di consigliare a questa amministrazione di usare percorsi più partecipativi e più trasparenti: se si vuole costruire una comunità, occorre lavorare INSIEME, non PER. Quello che la Consulta della Scuola farebbe se venisse attivata. Purtroppo sento lo stesso ritornello che c’era nella precedente consiliatura e vedo anche la stessa reticenza nell’attivare la Consulta: “decisioni che piovono dall’alto, non si è toccato quella scuola perché sono amici del sindaco…”, tutte voci che manifestano che il percorso decisionale NON HA coinvolto le parti interessate e le ha invece considerate come OGGETTI, numeri da spostare un po’ di qua e un po’ di là.
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Le domande che fanno i dirigenti, gli operatori e i genitori di una scuola OGGETTO di dimensionamento sono: perché proprio a noi? Perché ci piove dall’alto questa decisione? Perché l’abbiamo saputo solo all’ultimo? Se la risposta è (come è stata) “questa era l’unica soluzione possibile studiando il flusso degli studenti” è evidente che la scelta è stata completamente arbitraria, unilaterale, senza confronto alcuno con la parte in causa. Appunto, considerando la scuola OGGETTO di dimensionamento invece che SOGGETTO.
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Certo che considerare la scuola un SOGGETTO con le sue complessità, problematiche, varianti, comporta un gran lavoro di strutturazione di percorsi decisionali, di scelta condivisa dei criteri, di nuove regole, di trasparenza… non è uno scherzo.
Il problema è che ad oggi non vedo nulla che possa neanche lontanamente somigliare a tutto ciò.
La comunità scolastica di Latina merita più considerazione.

Dimensionamento: trasparenza e partecipazione ancora tradite

Non è cambiato niente: ogni volta che il Comune avanza una proposta di dimensionamento scolastico lo fa senza coinvolgere nessuno se non una delle parti coinvolte: conseguenze? Salgono inevitabilmente le proteste.

Questa volta due sono le scuole: coinvolte: l’IC della G. Cena/Piazza Dante e l’IC A.Volta.

Per rafforzare l’Istituto Comprensivo Volta che è ridotto a numeri al limite dell’autonomia, gli viene trasferita la competenza del plesso della scuola primaria di Piazza Dante, togliendo a questa un pezzo considerato vitale.

Lo scempio iniziale era stato operato nel 2012 quando alla Volta sono stati attribuiti plessi molto distanti ovvero Giochetto, Pantalonaccio laddove invece il bacino di studenti in uscita dalle elementari arrivava spontaneamente dalla scuola elementare di Piazza Moro-Via Tasso ora però appartenente ad altro IC e ad altro dirigente il quale ha istituito classi di scuola media al proprio interno dirottando le scelte sulla propria scuola media.

E fu sempre il 2012 che venne aggiunto un ulteriore istituto comprensivo, il 12º fatto di tanti piccoli pezzetti sparsi in diversi borghi creando non poche difficoltà dal punto di vista strutturale e amministrativo interno alle scuole e di cui oggi si deve discutere la sostenibilità visto il calo della popolazione scolastica.

Ma la questione a mio avviso più grave emersa in commissione cultura scuola sport altro giorno cui erano presenti una rappresentanza di entrambi gli istituti, è stata la totale inadeguatezza di questa amministrazione nel settore scuola. È iniziata con il problema delle strutture a settembre, ma continua per quanto riguarda la questione della gestione della popolazione scolastica.

Accusavo continuamente la precedente amministrazione di non aver creato un luogo istituzionale in cui far convergere tutti i presidi degli istituti comprensivi per ragionare insieme rispetto alle priorità sia strutturali che di tipo amministrativo e relative al dimensionamento per discuterle in piena trasparenza scegliendo il metodo della partecipazione alle decisioni, ma nulla è stato fatto nella precedente amministrazione e nulla sta facendo questa amministrazione.

Il problema è una totale assenza degli stakeholder a livello di processi decisionali: le scelte vengono prese dall’assessore con qualche preside e poi vengono fatte piovere in testa alle persone, in questo caso le famiglie che si ritrovano una scuola smembrata senza sapere il perché.

Si è anche scoperto in commissione il motivo per cui è stata creata una scuola media all’interno della struttura della di Piazza Dante: l’inagibilità di un intero piano della Giovanni cena che il Comune ancora non mette in sicurezza. Ho trovato molto pesanti ed imbarazzanti le accuse da parte dell’assessora DI MURO nei confronti della scuola di piazza Dante di voler ghettizzare la parte che ricade nell’area della Giovanni cena spostando alcune classi di scuola media all’interno della struttura di piazza Dante, là dove mi sembra palese l’inadempienza del Comune che ha interdetto un intero piano dell’edificio della Giovanni cena precludendone la presenza di classi.

Ho chiesto un accesso agli atti rispetto alla verbalizzazione delle conferenze dei dirigenti scolastici, quel tavolo che all’inizio del mandato l’assessora alla scuola aveva dichiarato di voler avviare: non mi risultano infatti convocazioni rilevanti a questo tavolo composto da tutti i dirigenti per discutere questioni. Ad oggi è evidente che le decisioni vengono prese senza il coinvolgimento di tutte le parti interessate e soprattutto senza un confronto veramente trasparente, cosa che la Consulta della Scuola, istituita all’unanimità dalla precedente amministrazione ma mai attivata neanche dall’amministrazione Coletta, sarebbe in grado di garantire.

Anche su questo fronte siamo ben lontani dalla trasparenza e la partecipazione che questa amministrazione ripete come un mantra senza concretizzarla in fatti.

Scuola di Borgo Carso: tutta una messa in scena.

IMG_6596La statalizzazione della scuola dell’infanzia di Borgo Carso ci appare come un vero atto d’imperio che ignora l’impegno preso dal Consiglio nei confronti della comunità di Borgo Carso.

L’atto di consiglio chiedeva di valutare l’ipotesi di mantenere per l’anno 2017/2018 la gestione di un ordine religioso di un segmento d’istruzione (non d’obbligo) che è la scuola dell’infanzia. 

Il sindaco in Consiglio ha parlato di piano A (trovare un’altra congregazione) e di piano B (statalizzazione). Queste le parole di Coletta  in consiglio: [...] quindi la nostra Assessora con la struttura, la dirigente e i funzionari dovevano necessariamente intanto vedere se c’era la disponibilità del piano B che consisteva nella possibilità della statalizzazione [...]

Il piano A è ciò che si cerca di fare come prima cosa, il piano B è una via d’uscita secondaria. È stato anche approvato l’Ordine del Giorno all’unanimità che andava nella direzione della congregazione religiosa qualora non vi fossero cause ostative gravi.
Ma di lì a poche ore la giunta delibera invece la statalizzazione, ovvero attua il piano B, in barba ai cittadini, al Vescovo e al Consiglio Comunale. Ricordiamo che la Curia era stata impegnata dal sindaco nella ricerca di una congregazione mentre già la delibera di giunta era stata approvata in giunta il giovedì stesso del Consiglio, ma pubblicata solo 5 giorni dopo: perché il sindaco non ha rivelato le sue intenzioni subito?

La scelta di statalizzare dovrebbe indurci  a pensare che si volesse mandare via la congregazione già a priori?

Incoerenza istituzionale palese.

Dalla delibera di giunta si evincono valutazioni generali che fanno pensare ad un unica direzione: gestione pubblica. È importante conoscere l’indirizzo politico del proprio sindaco che non si evince da nessun documento programmatorio.

Prendiamo ad esempio, la Scuola dell’Infanzia “San Marco”: è una scuola salesiana molto apprezzata, la  prima di Latina, con una specifica missione educativa condivisa con insegnanti, genitori, personale amministrativo e di servizio. Le famiglie che scelgono questa scuola la scelgono perché è espressione della loro visione educativa. La statalizzazione di questa come di altre scuole dell’infanzia della nostra città, potrebbe significare l’imposizione di un unico sistema educativo, quello statale, privando la città della ricchezza dei principi e valori ispirati ai padri e alle madri fondatrici delle scuole salesiane.

È questo il programma di LBC e del sindaco Coletta? Non c’è traccia di alcuna statalizzazione di scuole dell’infanzia nel programma elettorale di LBC e di Coletta sindaco.

Sindaco, ci voleva il coraggio di dirlo subito in Consiglio se questa era la sua linea. Anzi no.
Doveva dirlo in campagna elettorale.

(Nicoletta Zuliani, Cinzia Romano, Francesca Maroso).

Scuole al gelo: che si poteva fare?

IMG_6380Ogni anno si ripresenta il solito problema: al rientro dalle vacanze di Natale qualcosa succede alle caldaie delle scuole comunali. Il problema è annoso e si ripete ogni anno, quindi, significa che si può prevedere e si può in qualche modo prevenire o attenuare.

Gli impianti termici delle nostre scuole comunali sono vecchi e obsoleti, fatiscenti e mal funzionanti. Sono talmente vecchi (alcuni 40/50 anni) che quando si rompe un pezzo bisogna aspettare del tempo perché si trovi quello giusto per quel modello di caldaia. Nei passati decenni non è mai stata fatta una corretta manutenzione, non sono mai stati messi soldi per le scuole: venivano messi invece per ben altro  come le recenti inchieste hanno fatto emergere e come noi dall’opposizione abbiamo sempre denunciato. Ci sono responsabilità grandi da ascrivere alle precedenti amministrazioni che  hanno mancato in una programmazione seria ed efficace nei confronti delle scuole, anche per quanto riguarda l’organizzazione degli uffici comunali che se ne occupavano.

Già nell’aprile 2015 come gruppo consiliare del partito democratico avevamo presentato una mozione che, tenuto in considerazione lo studio che l’amministrazione aveva commissionato a tre professionisti esterni di valutare il fabbisogno strutturale e manutentivo di tutti i plessi scolastici del Comune di Latina,  chiedeva al sindaco e alla giunta di predisporre nel bilancio previsionale del 2015 una somma pari a €1,5ML per iniziare l’adeguamento alle norme di sicurezza di tutte le scuole: se mai si inizia, mai si finisce.
Lo studio prevedeva una cifra di €18ML per l’adeguamento e la ristrutturazione di tutti i 74 plessi scolastici: una media di €243mila per edificio. Tutti sappiamo com’è finita quella amministrazione e la nostra mozione non fu mai portata in Consiglio Comunale.

Ma anche l’Amministrazione Coletta non brilla per solerzia o per capacità di prevenzione dei rischi. Nonostante conosca bene il mondo ed i bisogni della scuola (ha un assessore insegnante e due consiglieri dirigenti scolastici ed una consigliera ex-rappresentante di istituto degli studenti) s’è fatta revocare l’ammissibilità al finanziamento regionale per la sicurezza e l’adeguamento sismico degli edifici scolastici che risultano, secondo il dossier Ecosistema scuola di Legambiente, le meno sicure d’Italia. Peggio del capoluogo pontino c’è solo Messina. Inoltre solo il 13,5% degli edifici scolastici è stato costruito con sistemi antisismici.

L’altro aspetto riguarda la gestione della criticità gelo (peraltro ampiamente annunciata dalle previsioni meteorologiche): si è verificato che gli impianti siano stati messi in funzione gradualmente e con grande anticipo per evitare bruschi ed improvvisi sovraccarichi ai motori e stress insostenibili per le tubature? L’ordinanza per la chiusura delle scuole, poi rettificata lasciando ai dirigenti la discrezionalità, ha rappresentato una mancanza di punti di riferimento di cui si è sentito la mancanza: è stato un colpo per tutti i bambini e le famiglie rimasti disorientati, come su una nave senza capitano.

Come Partito Democratico presenteremo questa mattina una mozione su questo tema che merita la priorità.

Dall’usura alla scuola alla Asl: i mondi coinvolti dalle ludopatie.

imageLa mozione sulle Ludopatie è passata e questo rappresenta un segnale importante.

Una mozione è un atto di indirizzo, è un’indicazione di percorso da intraprendere di cui tutto il Consiglio, compresi sindaco e giunta, si fanno carico pubblicamente.
In una mozione non si può elencare tutto quello che secondo il proponente va fatto, né deve necessariamente contenere dettagli vincolanti: è una spinta verso una direzione, ma una direzione chiara e precisa. E che lo abbia fatto un Consiglio Comunale all’unanimità è segnale ancora più forte.
In una mozione non si può essere esaustivi rispetto a tutti gli elementi che devono poi trovare una concretizzazione nei diversi settori, né si può essere dettagliati rispetto ad importi o aspetti economici che richiedono una evidente analisi da parte del dirigente e degli uffici di ragioneria.
Una mozione non pregiudica alcun approfondimento che può essere fatto in sede di Commissione o anche in Consiglio: essendo un atto di indirizzo, segnala una direzione. Infatti, l’adozione di un Regolamento (che gli uffici avevano nel cassetto ma che non era mai stato approvato e quindi non era efficace) è la prima cosa da fare (e la mozione la richiede): un Regolamento entra nella materia della definizione delle tipologie di gioci, dei limiti posti agli esercenti, dei controlli ecc… Poi, sul contenuto preciso degli articoli, la discussione si fa ovviamente in commissione.

Ho citato ad esempio nel mio intervento lo sportello Anti-Slot che non è ancora mai stato attivato: sono stati assegnati al Comune di Latina, come comune capofila, ben 20.000 € con una determina del dicembre 2013 da parte della regione Lazio.
Dei numerosi contatti avuti con l’Ufficio di Piano per sapere quando lo sportello sarebbe stato attivato, l’ultimo risale al marzo scorso: mi veniva detto che l’attivazione sarebbe stata imminente.
In data odierna non c’è ancora alcuno sportello anti-slot al Comune di Latina.
Oggi, con un’Amministrazione insediata, posso formulare un’interrogazione scritta all’Assessore ai Servizi Sociali per conoscere il motivo di un ritardo cosí grave e per sapere finalmente la data di apertura di questo sportello tanto atteso da operatori asl e associazioni.

Gli aspetti che le ludopatie implicano sono molteplici: vanno dalla prevenzione alla cura della malattia (il GAP è stato inserito a pieno diritto nei LEA) per i quali c’è da lavorare a braccetto con la Asl e il terzo settore che realizza progetti finanziati dalla Regione; interessano il tema della sensibilizzazione sociale e culturale del gioco come attività sociale e collettiva, non per come individuo isolato, oppure a quello del sostegno a chi fa una scelta etica rispetto al non installare o dismettere dispositivi di gioco, lotterie istantanee e gratta e vinci. In questo, ad esempio, occorre lavorare sia sul fronte eventualmente degli sgravi fiscali, sia sul fronte della costruzione di una consapevolezza del consumatore che va reso sempre più cosciente e “complice” di buone prassi: qui la scuola, col suo immenso bacino di cittadini e con la capillarità di intervento educativo può garantire un fondamentale ed irrinunciabile apporto.

C’è poi l’aspetto più doloroso, quello di devastazione economica delle famiglie coinvolte dal problema: molti si rivolgono al mercato dell’usura e questo è un fronte che vede altri attori, altri scenari, e richiede altri tipi di soluzioni che coinvolgono altri attori ancora, (Istituti di Credito, Associazioni Antiusura, Questura…) con altre implicazioni.

Non bisogna cambiare approccio: qui, al Comune di Latina, l’approccio va impostato da zero.

 

LATINA, CITTÀ dei BAMBINI e delle BAMBINE

imageIl progetto ha una motivazione politica: operare per una nuova filosofia di governo della città assumendo i bambini come parametri e come garanti delle necessità di tutti i cittadini. Non quindi un maggior impegno per aumentare le risorse e i servizi a favore dell’infanzia, ma per una città diversa e migliore per tutti, in modo che anche i bambini possano vivere un’esperienza da cittadini, autonomi e partecipanti.

Il degrado delle città è in gran parte dovuto alla scelta di privilegiare i bisogni dei cittadini maschi, adulti e produttivi come priorità economica e amministrativa; è sofferto da tutti i cittadini ma specialmente dai più deboli e dai più piccoli. Il potere del cittadino adulto lavoratore è dimostrato dall’importanza che l’automobile ha assunto nella nostra società, condizionando le scelte strutturali e funzionali della città e creando gravi difficoltà per la salute e la sicurezza di tutti i cittadini.

La Convenzione ONU dei diritti del fanciullo del 1989, ratificata con la legge nazionale n. 176/1991, all’articolo 12 sancisce il diritto dei bambini ad essere consultati ogni volta che si prendono decisioni che li riguardano e di tener conto delle loro opinioni, e questo riguarda anche le città. Ascoltare e consultare i bambini diventa quindi un fatto importante ma, ancora di più, un investimento nel futuro della propria città, un modo intelligente per investire nel proprio futuro.

Il progetto LA CITTÀ DEI BAMBINI è nato nel 1991 a Fano, nel 1996 nasce la rete internazionale delle città aderenti al progetto. Attualmente fanno parte della rete circa 200 città in Italia, Spagna, Argentina, Uruguay, Cile, Colombia, Perù e Messico. La rete internazionale è coordinata dal Laboratorio internazionale “La città dei bambini” dell’ISTC del Consiglio Nazionale delle Ricerche, di Roma.

La Regione Lazio con Zingaretti (delibera n.408/2013) aderisce e sostiene il progetto, collabora con il CNR per la realizzazione della rete di città del Lazio che aderiscono al progetto e delibera finanziamenti annui.

Aderiremo al progetto e realizzeremo questi tre obiettivi:

ISTITUZIONE del CONSIGLIO DEI BAMBINI
Un gruppo di bambini (non più di 20 da quarte e quinte elementari 2 per ogni IC) vengono nominati all’interno delle scuole della città per dare consigli al sindaco rispetto a temi che li riguardano (arredo urbano, spazi pubblici, ecc…) denunciando eventuali inadeguatezze o ingiustizie e formulando proposte. Si incontrano regolarmente e sono coordinati da un adulto individuato per questa funzione. Una volta l’anno si incontrano con il Consiglio Comunale per illustrare il loro lavoro.

LA SICUREZZA del gioco e del tempo libero.
Riprogrammare gli spazi di gioco ed i percorsi pedonali dei quartieri di tutta la città; incentivare l’”occupazione” sociale degli spazi pubblici.

AUTONOMIA DI MOVIMENTO NEGLI SPAZI PUBBLICI.
“A scuola ci andiamo da soli”. Una esperienza di autonomia a partire dai 6 anni, favorita dalla partecipazione della comunità sociale del quartiere: Comune, scuola, commercianti, anziani. L’autonomia dei bambini è fortemente correlata con il loro sviluppo (gioco), con la loro salute (obesità infantile) e con la sicurezza ambientale e la mobilità sostenibile della città.

Risorse
Fondi regionali (Del.Reg.nr.408/2013)

Tempi di realizzazione
100 giorni

STRUMENTO amministrativo
Delibera di Consiglio con adesione alla rete delle città del progetto “La Città dei Bambini”

Il NO al dimensionamento non è un capriccio.

imageLe dichiarazioni di Latina Bene Comune che ho letto questa mattina sul Giornale di Latina a proposito del dimensionamento scolastico riportano un parere favorevole rispetto all’ipotesi di razionalizzazione della provincia: credo sia necessario un approfondimento.

La questione del dimensionamento non è una mera questione di opinioni: è qualcosa di più e la protesta “gridata nelle piazzenon rappresenta il capriccio di chi non vuole cambiare edificio scolastico.
Occorre leggere con attenzione il significato di una protesta che non solo studenti, bensì dirigenti, docenti e genitori hanno sostenuto e con motivazioni che non sono di certo dichiarati in un freddo decreto, ma che si nascondono nelle pieghe di fatti che solo una conoscenza ed una partecipazione personale agli incontri può svelare.

imageE, lo ripeto, quando un’intera comunità scolastica si solleva e si fa sentire, non grida perché sta facendo le bizze.

Nel decreto, infatti, non c’è scritto che nell’unica riunione tenuta con i dirigenti scolastici (23 ottobre 2015) l’unico tema all’ordine del giorno fosse recepire dalle scuole eventuali proposte di dimensionamento: le scuole interessate hanno comunicato di non proporre alcuna modifica rispetto allo stato attuale. In quell’unico momento di “ascolto” i funzionari della Provincia non hanno illustrato alcuna proposta di dimensionamento, e qualora ne avessero avuta una in mente, non ne hanno fatto alcuna menzione.
Di fatto i presidi hanno saputo delle decisioni, che tutti ora conosciamo, solo quando il decreto è apparso sull’albo pretorio della provincia per la pubblicazione l’atto che decretava le modifiche.
Si era evidentemente OFF LIMITS per qualsiasi vera consultazione sull’argomento. Nessun feedback era stato richiesto ai presidi. Ecco il motivo della protesta.

Ma il cuore del problema sta nella brutta abitudine, da parte dei decisori, di guardare al mondo della scuola come ad un mero groviglio di numeri (gli studenti) e di contenitori (gli edifici scolastici) e il lavoro è presto fatto: taglia di qua, metti di là, da un giorno all’altro.

Ebbene, le scuole sono molto di più.

Innanzitutto sono degli enti autonomi che deliberano in merito all’offerta formativa e alla modalità di utilizzo delle risorse di cui dispongono, investendo su percorsi didattici, formazione dei propri docenti e allacciando accordi con istituzioni esterne anche internazionali. Un lavoro che viene programmato almeno un anno e mezzo prima di essere realizzato e per il quale si muove una “macchina” molto complessa intrecciata con studenti, famiglie e lavoratori del settore.
Per capire l’entità della comunità, una scuola di 1400 studenti coinvolge 2800 genitori, 200 tra docenti e personale ATA.

Come si può pensare di ignorare la vera essenza della scuola – ovvero ciò che si muove dentro e intorno ad essa in un delicato equilibrio compreso ciò che una comunità scolastica è in grado di generare, cioè i cittadini di oggi e di domani – e ridurla invece ad un mero conteggio?
E per di più senza acquisire un parere da parte dei dirigenti scolastici che sono responsabili del funzionamento delle scuole a loro affidate? Perché estrometterli dal percorso decisionale ed imporre una decisione così improvvisa e drastica?

I percorsi partecipativi sono una cosa seria e richiedono tempo, onestà intellettuale e competenza.
Intraprenderli è una scelta di metodo, è una scelta politica.