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PARLIAMO DI LAVORO

Credo che un riflessione sul LAVORO vada fatta.

Le vicende della chiusura di Panorama con tutte le conseguenze sul sistema Latina Fiori, della crisi – speriamo momentanea – del Centro Morbella, lo sfruttamento di lavoratori immigrati sul nostro territorio ridotti a schiavitù, la crisi della pandemia che ha avuto gli effetti devastanti sui precari, sugli stagionali soprattutto donne, devono farci chiedere in tutto questo se il lavoro per noi ha un valore o se è considerato solo un costo. Lavoro che determina la vita o l’agonia della cellula fondamentale su cui è strutturata la nostra società: la FAMIGLIA.

Il tipo di approccio determina la direzione di scelte concrete e di effetti su tutta una comunità.

Se scegliamo di abbinare la parola COSTO alla parola lavoro, l’attenzione è tutta rivolta all’azienda, al raggiungimento dell’obiettivo di chi dà lavoro, che si muove tra calcoli di costi e benefici dell’azienda, risparmi e investimenti, puntando a margini di profitto attraverso trattative che non hanno interessi legati al luogo e alla comunità su cui insistono, o allo sviluppo di un territorio.

Un’azienda che chiude, che delocalizza o che non sceglie il nostro territorio a vantaggio di un altro è un tema che deve riguardarci come politici e non può essere relegato ad altri livelli di competenza.

Se la politica non conta niente nelle scelte di un gruppo PAM, se non riesce a rendere appetibile un territorio per investimenti da parte di imprenditori, se non si pone efficacemente a difesa dei propri cittadini per tutelare il loro diritto alla vita lavorativa, allora ha fallito la prova più importante del proprio esistere.

Durante la pandemia abbiamo invece assaporato il VALORE di lavori come i trasportatori, le cassiere, i lavoratori dei campi, gli addetti alle pulizie, gli infermieri, i medici… perché se in tempi normali erano invisibili e surclassati da altri lavoratori del mondo dello sport o dell’intrattenimento, durante il lockdown balzava agli occhi di tutti il VALORE del loro lavoro, senza il quale la sopravvivenza di un intero paese veniva messa in pericolo: li abbiamo chiamati eroi, li abbiamo ringraziati su FB, abbiamo cominciato a pensare che la loro retribuzione doveva in qualche modo equiparare il valore intrinseco della loro attività perché ne veniva riconosciuta l’essenzialità, anzi, l’essenza.

Si dice che un sindaco non può nulla nei confronti delle questioni che riguardano il lavoro o delle scelte che riguardano gli imprenditori presenti sul proprio territorio.

Non credo sia così.

Pensiamo ad esempio alle politiche urbanistico-abitative e alla gestione del costruito: sono un fattore importantissimo.

Dove vivono i lavoratori della terra, gli immigrati che raccolgono frutta e verdura che arriva nei nostri supermercati a prezzi sempre più bassi?
Interessa o non interessa se la promiscuità abitativa in un era pandemica possa avere conseguenze su tutta una città?
Quali politiche abitative sono messe in campo per riconoscere il valore di chi vive in condizioni lavorative precarie ed ha famiglia?

Il precariato del mondo della sanità, della scuola, delle amministrazioni trovano ostacoli talvolta insormontabili  per gli elevati costi degli affitti, la mancanza di collegamenti di trasporto pubblico, per una carenza di politiche abitative che tengano conto della diversificata domanda che oggi abbiamo: un lavoratore precario non può vivere in un albergo né può spendere la metà dello stipendio per un alloggio.

E si mortifica così il valore del lavoro.
E si mortifica così una famiglia.
Non esiste  famiglia se non c’è lavoro.

L’organizzazione del territorio rende più o meno appetibile l’insediamento di imprese produttive: la celerità di risposte burocratico-amministrative, la certezza di un territorio ben pianificato e dai connotati definiti, un sistema giuridico che funziona, servizi indispensabili come il trasporto, sanità, qualità della vita, contribuiscono a restituire valore a chi lavora.

I piani di Edilizia Residenziale Pubblica sono fermi da tempo immemore; risultano elevate quote di appartamenti invenduti fuori della portata economica di chi ne ha bisogno, ed una lista infinita di famiglie e persone fragili che aspettano un alloggio popolare.

La sfida è quella di saper collaborare tra pubblico e privato, comune e imprenditori.

La politica con la responsabilità del suo ruolo di tutela dell’interesse pubblico con preferenza per i più fragili, e l’imprenditoria con il suo ruolo di soggetto fondamentale per lo sviluppo e la costruzione del bene comune, devono oggi essere più che mai alleati per dare al nostro territorio e a Latina la chance di un riscatto dal passato e dall’inerzia.

LO STALLO dell’URBANISTICA con gli occhi dei TECNICI

schermata-2020-10-14-alle-14-32-56Ingegneri, architetti, geometri costretti a scendere in piazza per denunciare l’immobilismo di un intero comparto della macchina amministrativa è uno spettacolo che mi mancava.

A me è sembrato più che altro un urlo di disperazione quello che un pezzo della città ha elevato ieri mattina.

Ogni settore risponde a dei precisi bisogni dei cittadini e migliaia di cittadini si ritrovano a subire tempi biblici per semplici pratiche di certificazione di destinazione d’uso necessarie per un semplice atto di vendita.

Tutto fermo: dai più banali certificati alla più complessa progettualità che neanche nominiamo.

La regione e il governo hanno avviato misure coraggiose finalizzate alla riattivazione di una parte importante dell’economia, l’edilizia, ma un’edilizia sostenibile: ecco quindi la legge sulla rigenerazione urbana e l’ecobonus.

E il nostro Comune che fa?

Resta fermo come ai tempi delle inchieste giudiziarie.

Le pratiche di condono edilizio, pratiche che sono un obbligo di legge da ottemperare e rappresentano un entrata sensibile per le casse comunali, sono immobili; la revisione dei PPE è appena iniziata; l’ufficio di piano operativo solo da qualche mese e si comprende che risultati non ne vedremo.

Tutto fermo, imbrigliato nella morsa della più completa disorganizzazione, con uffici che contano meno dipendenti oggi che all’inizio della consiliatura, e questo per acclarata incapacità di gestire politiche del personale, e strutturare gli uffici in modo che funzionino a dovere.

Questa protesta di ingegneri, architetti e geometri è la dimostrazione di uno scollamento di questa amministrazione col mondo reale, e della debolezza politica che ha messo le proprie scelte nelle mani altrui.

L’urbanistica e il concetto di continuità.

IMG_1690Nelle Linee di Mandato il sindaco aveva scritto che avrebbe riportato i Piani Particolareggiati in Consiglio nonostante lo stop di Regione e Prefetto Barbato. L’assessore Buttarelli ha ribadito nel DUP questa volontà: l’urbanistica ha bisogno di continuità.

Quello che dissi ad agosto è perfettamente valido anche oggi.

11 Agosto :” Io vorrei sapere se i piani particolareggiati del PRG del 1971 sono per voi ancora validi o no. Dite di volerli riportare in Consiglio quindi vuol dire che – approvandoli in Consiglio avranno il “lasciapassare formale” che è mancato a Di Giorgi – quindi vanno bene così. La nostra città è, secondo quel PRG , “programmata” per dare abitazioni ad oltre 200mila abitanti. Noi siamo attualmente 120mila. Questo significa che noi abbiamo ancora delle cubature da assegnare, tantissime costruzioni ancora da fare; questo significa che abbiamo un giacimento di cubature (non necessarie) che potrebbe far gola al malaffare. Quali sono i vostri strumenti? Qui non si parla ad esempio di saldo delle cubature. Quante ce ne sono rimaste? Quante cubature sono ancora da realizzare? Abbiamo già superato la soglia dei 120mila abitanti che siamo? Vogliamo un nuovo PRG (che significa rifare un calcolo delle cubature veramente necessarie alla nostra popolazione) oppure vogliamo finire di realizzare questo (con una valanga di cemento) e poi nel 2032 farne un altro? Costruire per 250mila abitanti significa che saremo pieni di cemento se non cambiano qualcosa.”

Considerazione: mi sembra che non si voglia cambiare nulla. Si sceglie la linea della continuità con le precedenti amministrazioni perché l’urbanistica ha bisogno di tempi lunghissimi per realizzare piani e progetti.

Io non sono d’accordo.

Intervento (seconda parte)

 

Come si fallisce nonostante le buone intenzioni.

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Destra unita e il “santo in paradiso”.

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Non trovo incredibile che la destra si sia organizzata per presentarsi in modo unitario alle prossime elezioni amministrative del 2016.
Lo trovo spudoratoÈ comprensibile che si uniscano coloro che non avrebbero alcuna speranza di poter conquistare “il governo della città” se non insieme (forse) e dopo che per ben due volte quei medesimi politici sono stati smascherati perché invece che “per il governo della città” erano in tutt’altro indaffarati.

Ben 9 inchieste, voglio ricordarlo, sono state aperte dalla magistratura nei confronti della gestione del Comune di Latina durante l’era Di Giorgi su diverse questioni: rifiuti, variante Borgo Piave, spalti stadio, via Quarto, verde, spacchettamento appalti, campi sportivi senza concessioni, proroghe all’infinito…

Cinque anni fa il giovane latinense, da poco eletto in Consiglio Regionale e aspirante sindaco, fa un pubblico “mea culpa” per i disastri a firma Zaccheo, giura discontinuità e vince le elezioni.
Si insedia l’amministrazione Di Giorgi, piena di vecchi e di nuovi, con una giunta cangiante Romano-Latinense al bisogno.

Cade di nuovo e giurano “mai più insieme”.

Oggi leggiamo che le varie componenti di centro destra, che fino a ieri giuravano che non avrebbe mai più fatto accordi di nessun tipo con i propri fratelli-cugini ex PDL, ritrovano l’unità su un progetto politico che – audite audite – supera le divisioni sui temi di urbanistica, rifiuti, cimitero e metropolitana.
MA QUESTI SONO I TEMI CALDI della scorsa consiliatura ai quali i proprio gli stessi Calandrini, Tiero, Calvi e NON HANNO SAPUTO TROVARE SOLUZIONI PER BEN 4 ANNI!!!
Ma ci prendete in giro?
Ora hanno trovato l’intesa.
Fuori tempo, signori.

Quale credibilità può avere chi, alle strette, giura di fare il bravo la prossima volta, dopo che è stato colto in flagrante per ben due volte, con le mani nel grande sacco delle varianti urbanistiche, delle volumetrie raddoppiate e triplicate, dei doppi acquisti di aree già in possesso del Comune?
Chi volete incantare ancora?

Lo so, sperate ancora di essere quel “santo in paradiso” del cittadino che spera di trovare in voi chi gli sbriga le pratiche comunali.
Ecco perché ve ne andavate con faldoni in giro per gli uffici… ed io, neo eletta, a chiedervi se mi ero persa qualcosa, se dovessi anch’io procurarmi quel pesante fardello che supponevo indispensabile per l’espletamento del mandato di amministratore.
Dopo che con insistenza chiedevo cosa fossero tutte quelle carte, una risposta per tutte: “Ma scusa, come credi che mi possa mantenere tutti i voti che ho preso?“.
Sono felice ed orgogliosa che i miei 650 elettori non mi abbiano mai chiesto favori personali, o di fare per loro il lavoro che gli uffici sono tenuti a fare e che un certo politico, ahimé, “velocizza“, facendo credere al cittadino che quello sia un favore da ricambiare con un fedele voto da parte sua e della propria famiglia, quando invece è un diritto del cittadino quello di avere un’amministrazione che funzioni.
Ecco il motivo per cui la macchina amministrativa non veniva modernizzata, non veniva resa trasparente, non veniva resa efficiente: avrebbe tolto il lavoro e il consenso a certi politici…

Ed è questo lo scatto richiesto alla nostra città: il politico, nonostante debba mantenere una grande sensibilità nei confronti delle difficoltà particolari delle persone, deve prendersi cura della collettività, deve rendere più agevole, più efficiente, più trasparente, più accessibile il percorso di qualsiasi atto amministrativo. Deve sostenere la propria comunità, coordinando e agevolando il lavoro del terzo settore, progettando insieme alla comunità gli interventi che vengono erogati per evitare di trattare i cittadini fruitori finali dei servizi come oggetti sui quali far ricadere le proprie politiche. I cittadini vanno resi protagonisti e soggetti con i quali collaborare.
Gli elettori, da parte loro, devono pretendere dai propri eletti che si occupino della città tutta, perché è li che si gioca il futuro: il ben-essere si misura in termini di vivibilità collettiva, non individuale.
Gli elettori devono pretendere dai propri eletti che vengano alzati quegli standard che purtroppo oggi ci vedono fanalino di coda di tutte le classifiche, dall’ambiente alla trasparenza, dai servizi alla persona alla vivibilità in generale.

Il voto fidelizzato non fa bene a nessuno: il politico resta impunemente al suo posto nonostante combini disastri alla città e il cittadino resta chiuso nel proprio bisogno individualistico che il politico soddisfa: il disastro è garantito.

L’alternanza è lo strumento che rende i politici migliori (se faccio bene sarò confermato e altrimenti no) e i cittadini più attenti a valutare l’operato dei propri amministratori.

Cambiare si può: è il momento dell’alternanza.

La farsa Di Giorgi-Fazzone

IMG_0129.JPGUn governo zoppo, che tira avanti come un malato terminale in attesa di morte naturale.

Questo è ad oggi la condizione dell’amministrazione Di Giorgi.

Mantenere le dimissioni date ad ottobre sarebbe stato un grande atto di onestà che avrebbe lasciato al sindaco Di Giorgi la dignità di chi ha il coraggio di guardare alle cose con occhio pulito e trarne le conclusioni.

A nulla sono valse le dimissioni dell’ex prefetto La Rosa chiamato per “ripulire” il settore urbanistica dalle sporcizie di interessi personali capaci di piegare l’interesse pubblico ad uso e consumo di chi ci vuole guadagnare.

A nulla è valsa la lenta fuoriuscita dalla maggioranza di consiglieri che uno alla volta si sfilano da uno pseudo-governo.

Quello che abbiamo oggi è un epilogo continuamente annunciato dai fatti ma che non si avvera mai.

Un Consiglio Comunale importante, quello di giovedì 30 aprile, che doveva approvare il Rendiconto di Gestione (con la nuova normativa se non si approva il rendiconto, si va tutti a casa).
Un rendiconto non approvato nel passaggio in Commissione Bilancio (mai successo nella storia di Latina, la maggioranza si è astenuta, come dire: “noi di Forza Italia siamo importanti e potremmo mandarti a casa“), ma ha votato favorevolmente in Consiglio.
Dopo aver approvato il Rendiconto di Gestione, che di fatto è un atto di sostegno forte, si alza un componente di Forza Italia e a nome del suo gruppo legge un documento. La sostanza è: il sindaco ci ha deluso, non abbiamo visto il cambio di passo annunciato, noi usciamo dalla maggioranza, gli assessori di FI si dimettono, e di volta in volta decideremo cosa votare analizzando ogni singolo provvedimento.

Una condizione stabile di ricatto. Fazzone, che coordina il partito Forza Italia, non ama Di Giorgi. Non vede valorizzata sufficientemente la sua componente nel contesto politico-amministrativo della città e della provincia, e vorrebbe giocare un ruolo da protagonista nelle sorti della città come scelta del futuro candidato a sindaco.

Ma quali sono le sue idee sulla Metro? E sui rapporti col gestore del cimitero? Che vorrebbe fare degli inquinati piani particolareggiati? Lasciarli così o rivederli? Come li considera?
E cosa pensa della questione rifiuti?

A noi questi temi interessano, non i giochi di potere.

I detentori del potere di questa città dimostrano ancora una volta di essere lontani anni luce dalla vita dei cittadini di Latina.

Il non decidere su questioni che riguardano i cittadini e dedicarsi unicamente a questioni di potere partitico è esso stesso una forma di dittatura e di disprezzo nei confronti della città: è un tradimento nei confronti di chi ha dato il proprio voto convinti che avrebbero avuto una città migliore.

Vengano davanti alla città e dicano a chiare parole quali sono i loro veri interessi.
E ammettano tutti di aver fallito.
Questa è una farsa, non è Politica.

L’assessore-prefetto Salvatore La Rosa si è dimesso

L’assessore-prefetto Salvatore La Rosa si è dimesso.

(leggi il mio precedente articolo sul’assessore divenuto scomodo)

Un “signore” in mezzo a tanti piccoli uomini.
E non perché i piccoli uomini siano necessariamente i politici, ma perché riconoscere cosa sia BENE COLLETTIVO e saperlo far vincere in mezzo a tanti interessi privati è da persone dalla statura moralmente alta e che hanno un senso dell’etica pubblica elevato.
La maggior parte lo ha considerato un “tecnico” perché non proveniente da un gruppo politico.
Certo, non un tecnico dell’urbanistica.
La sua specialità è la legalità, il senso delle istituzioni, il rispetto delle regole
Di fatto, però, essendo stato chiamato da un sindaco e avendo ricevuto una delega per suo conto, aveva accettato di entrare a far parte di una “squadra politica” che dovesse esprimere e realizzare precise linee dettate dal sindaco. Quando si esprime una linea politica su delega del sindaco, si diventa di fatto dei politici. Ma qual’è la linea politica che su delega del sindaco l’assessore La Rosa doveva incarnare? Certamente la linea della legalità, dell’onestà, della correttezza procedimentale in un ambiente, come quello dell’urbanistica, sfregiato da correttivi e forzature apportate da interessi privati.

Questa era la maschera che l’ex prefetto si è accorto che tutti indossavano: quella della della finta legittimità nonostante tutto, nonostante il responso della “Cassazione”, come la Regione Lazio era stata chiamata dal sindaco Di Giorgi e da lui stesso, nonostante il suo parere che, evidentemente, è stato considerato meno di quello di Tedeschini.

Ciò che lui aveva portato come contributo è stato smentito, rifiutato, rinnegato dallo stesso sindaco che lo aveva scelto. Restare avrebbe significato smentire se stesso, e questo, l’ex-prefetto, non lo avrebbe mai fatto.

Saluto l’assessore Salvatore La Rosa con grande stima e con un ringraziamento: in questo breve periodo lui ha veramente amato la nostra città, si è reso disponibile, ci ha messo la faccia, si è messo a servizio di un obiettivo nel quale lui ha creduto, ma si è accorto che era impossibile perseguirlo in solitudine.

LA ROSA: quell’assessore diventato scomodo

larosaLa vita di Sua Eccellenza Salvatore La Rosa, ex prefetto e, in questi ultimi mesi, assessore all’urbanistica chiamato a riportare alla legalità un settore importante del Comune di Latina, non è una vita facile.

Il suo arrivo ha destato grandi aspettative da parte di tutti. Di Giorgi non poteva chiamare persona più alta moralmente a ricoprire un ruolo difficile: riportare un regime di legalità nel settore urbanistica, scelto non certo per le competenze tecniche che un settore come l’urbanistica richiede, bensì per la complessità, per il groviglio di, prima ipotizzate e poi accertate, illegittimità che popolano gli uffici e le scelte politiche del settore urbanistica del Comune di Latina.

Poco esperto di come ci si muove da politico in un ambito fatto di spinte e interessi privati, ha sempre tenuto un profilo molto alto, molto distaccato come doveva un arbitro e “medico” di un malato cronico di interessi privati come quello del Comune di Latina.

E deve essere estremamente difficile operare in un contesto ostile. Sì, perché il contesto in cui lui si è trovato ad operare è ostile, eccome!
Con un dirigente all’urbanistica indagato ma comunque onnipresente, il Nipaf in comune un giorno si e un giorno no, inchieste giudiziarie su vari fronti in corso, richieste da parte della finanza di documenti in vari uffici: questi sono elementi che non hanno certo contribuito a fornirgli un clima di lavoro collaborativo. La sua figura, intesa come “poliziotto interno”, non è certo amata e credo che in termini di collaborazione non abbia neanche avuto una grande risposta.
Il settore che doveva sostenere il neo assessore nella sua azione di ripulitura e disinfestazione è un settore in cui operano persone ormai da decenni, incardinate in un sistema che ha prodotto evidenti storture e che non voleva collaborare in un’azione che avrebbe fatto emergere colpe e responsabilità, proprio di quel settore.

Ecco allora il motivo del suo atteggiamento attendista: isolato nell’Amministrazione che doveva essergli amica e che doveva aiutarlo, non gli restava che attendere il responso della regione.
Ciò che la regione esprimerà sarà per noi come una sentenza della cassazione“. Queste le parole che andavano dicendo univocamente sindaco e assessore La Rosa fino a qualche giorno fa.
Oggi queste stesse parole vengono confermate dall’assessore… ma non dal sindaco.

E La Rosa insiste a suonare note intonate unicamente con la legalità, insistendo sulla opportunità di sospendere i piani e di rivedere tutto.
Lui l’aveva d’altronde sempre pensato, ma correttamente, non lo aveva detto ufficialmente.

IMG_0129.JPGE che dire della sua assenza al vergognoso “pellegrinaggio” verso Roma, presso lo studio del professor TEDESCHINI?
La Rosa non era con loro.
Quanto inadeguato e inopportuno andare quasi come privati cittadini con il “cappello in mano” a chiedere un’opinione da chi aveva fornito un parere da € 14.000 rivelatosi quantomeno inutile per me addirittura dannoso visto il responso della regione!!
Cos’era?
Un consulto di un esperto per difendere interessi di privati cittadini?
Per quale motivo invece, come avrebbe fatto qualsiasi altra amministrazione dignitosa, non è stato convocato il prof. Tedeschini in Comune?
Perché andare con una sparuta delegazione nello studio privato di Roma, piuttosto che convocare negli uffici comunali e in veste ufficiale, il consulente Tedeschini alla presenza di assessori e dirigenti?

Evidentemente il sindaco aveva deciso di cominciare ad estromettere chi usciva fuori dal coro, chi suonava una musica diversa, sicuramente, quella di La Rosa, che era intonata con la legalità, quella legalità che era stato chiamato a ripristinare.

Il Partito Democratico, chiedendo le dimissioni di La Rosa non va certo contro La Rosa: vuole evidenziare quanto sia “stonata” la sua operazione all’interno di una amministrazione che suona tutt’altra musica, a difesa di un operato che da più parti invocate come dirimenti, viene dichiarato illegittimo.

Lavoriamo un po’ di fantasia: immaginiamo se l’assessore La Rosa non si dimettesse; sarebbe un presidio di legalità dentro un feudo di illegittimità.
Il sindaco Di Giorgi, avrebbe mai il coraggio di revocargli la delega?

URBANISTICA: a che gioco giochiamo?

Con un po’ di ritardo vi racconto dell’ultimo Consiglio Comunale svoltosi il 20 febbraio scorso, venerdì.
All’ordine del giorno: urbanistica e piani particolareggiati.

Come PD abbiamo presentato una mozione che chiedeva la sospensione dei piani, così come il sindaco aveva promesso in più riprese subito dopo aver ritirato le sue dimissioni.
Forse molti non sanno cosa sono i piani particolareggiati: provo a spiegarlo.
La città è suddivisa in zone.
ppeOgni zona, in quanto a progettazione di spazi e degli edifici, deve rispettare degli indici calcolati su scala complessiva secondo un progetto di città definito nel piano regolatore generale.
All’interno di queste zone possono essere apportate delle modifiche, sostanziali o non sostanziali, rispetto alla destinazione di aree o progettazione di edifici, sempre tenendo in considerazione quanto programmato nel piano regolatore generale.
Alcuni piani particolareggiati sono stati revisionati e riprogrammati.
Ogni qualvolta viene apportata una modifica ad un piano particolareggiato si può operare in due diversi modi:

  1. se questa modifica è sostanziale deve essere approvata dal consiglio comunale
  2. se la modifica non è sostanziale (ovvero se non modifica i parametri definiti nel piano regolatore generale, quindi se di fatto resta fedele all’idea originaria di città) può essere direttamente portata in giunta e direttamente approvata con un iter che la legge Polverini ha inteso introdurre per velocizzare le operazioni.

Prima della legge Polverini qualsiasi variazione all’interno dei piani particolareggiati doveva essere posta comunque al vaglio della commissione urbanistica e poi approvata dal consiglio comunale. Essendo presente anche la minoranza, c’è un potere di controllo e un vaglio che può prevenire situazioni di speculazione e di eventuali illegalità.
Con la legge Polverini, invece, queste variazioni apportate ai piani particolareggiati possono non passare al vaglio dell’opposizione e quindi al vaglio delle commissioni, ma essere approvati direttamente in Giunta la quale, composta da assessori (scelti dal sindaco) e dal sindaco, sostanzialmente si rende assolutamente autonoma e fuori da qualsiasi controllo dell’opposizione poteva praticare rispetto a queste variazioni.

Per guadagnare un po’ di credibilità il sindaco ha scelto un nuovo assessore all’urbanistica: al posto di DI RUBBO, ha nominato l’ex prefetto Salvatore LA ROSA, a garanzia di una legalità che evidentemente mancava. Come dire: fino ad ora si è agito in modo illegale, ora metto un prefetto che rimette in ordine le cose.

La Regione Lazio, che è l’unica competente in materia di urbanistica rispetto alla legittimità degli atti, ha detto che per revisionare la correttezza dei piani particolareggiati è necessaria una sospensione di questi, ovvero, non concedere più permessi a costruire, fermare tutti lavori di tutti i cantieri, controllare che tutto sia corretto e poi eventualmente revocare alcune concessioni o continuare con quelle già poste in essere a seconda se sono legittime o no.
Perché sospendere? Immaginate che una concessione sia stata data in modo illegittimo: una volta che la casa o l’edificio è terminato non è detto che possa essere abbattuto. Ecco perché si rende necessaria una sospensione immediata.
Dal momento in cui vengono sospesi i piani particolareggiati, la Regione Lazio con i suoi tecnici può avviare le operazioni di controllo e verifica rispetto alla legittimità degli atti e delle modifiche (eventualmente sostanziali) effettuate nei vari piani particolareggiati.

Il Partito Democratico aveva chiesto questa sospensione con la mozione proposta in Consiglio.
La maggioranza l’ha respinta e ha votato una mozione che non chiedeva la sospensione, bensì semplicemente uno stop ai permessi a costruire da lì a venire.
La Regione invece continua a chiedere quello che noi PD abbiamo chiesto in consiglio comunale: se non avviene la sospensione non si può procedere al controllo e alla valutazione dei piani particolareggiati.

Le mie considerazioni sono le seguenti:
1- il sindaco ha rimosso l’assessore DI RUBBO (FI) ed ha messo un ex prefetto al suo posto. Questo vuol dire che ha ammesso che fino a quel momento si era agito in maniera non conforme alla legge. Perché ha lasciato Di Rubbo ai Lavori Pubblici??
2- il sindaco inizialmente chiedeva la sospensione, poi si è lasciato convincere dai suoi e ha chiesto una cosa più morbida, a significare che le sue idee non sono forti ma si piegano ai bisogni di chi lo circonda
3 – in consiglio comunale ha detto che considera la regione la Cassazione rispetto alle decisioni da prendere in ambito urbanistico. Ebbene, la regione chiede la sospensione dei piani e lui continua a dire che i piani non devono essere sospesi: a che gioco giochiamo?

Intanto la città aspetta, e sono passati oltre 30 giorni da che lui aveva indicato nella sospensione e nella verifica la strada più giusta, indicando in 45 giorni la conclusione di tutta questa vicenda.
Invece assistiamo ad un continuo tira e molla mai.
E la città ancora aspetta.

La paura di perdere

imageNon si può che essere lieti di una decisione presa in giunta il 29 gennaio che decide in merito agli affidamenti sotto soglia € 40.000: la ditta cui saranno affidati i lavori verrà sorteggiata da una lista depositata presso l’ufficio Gare e Contratti.

Qualcosa che abbiamo da sempre e da sin dall’inizio della consiliatura richiesto noi del PD, nelle varie commissioni competenti ma che mai è stata presa in considerazione.

A dire il vero il sindaco dice di aver dato una direttiva che vuole procedere ad una revisione delle norme per il funzionamento dell’ufficio gare e contratti. I Regolamenti sono materia di Consiglio Comunale, quindi il sindaco ha semplicemente espresso una volontà, un indirizzo. E si sa che tra il dire che di solito è annunciato con tante trombe e fanfare, e il fare c’è di mezzo un sacco di tempo che fa dimenticare…

Comunque, “se non per amore, almeno per timore”, diceva Teresa di Lisieux, ed è forse questo che ha spinto alla fine della consiliatura il sindaco Di Giorgi ad andare verso una direzione di maggiore trasparenza: il timore folle delle indagini dei magistrati…
imageCerto è pressoché impossibile compensare quanto finora non è stato fatto: nel settore urbanistica ci sono pesanti ombre che interessano non solo la legittimità di scelte fatte a livello di progettazione e di calcoli sul piano generale e particolare della città, ma anche sulla validità e la legittimità di una serie innumerevole di operazioni che vanno dagli espropri ai rilasci dei permessi a costruire.
In un tale panorama l’indirizzo preso a livello di giunta, sottolinea come sia questo un intervento che parte dal sindaco, e non è parte di un progetto sindacale e di maggioranza che evidentemente sarebbe stato realizzato con l’inizio della consiliatura. Questo mi pare piuttosto un escamotage finale per voler a tutti i costi di dimostrare di voler fare bene ma, ahimè, troppo in ritardo.

Come quello studente che per tutto l’anno non ha voluto mai studiare perché impegnato in altre faccende, che a maggio decide di farsi interrogare per paura di essere bocciato.

Non si può pensare all’amministrazione della seconda città del Lazio che gestisce oltre €125ML di bilancio ed un bacino di cittadini di 120mila abitanti come uno “studente allegro” che deve ancora capire le sue responsabilità.