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La vera vera sfida, la nuova sfida di Latina

imageTutti i componenti della giunta passata sono occupati oggi a spiegare i loro progetti per la città: scuole colorate, parchi belli, città pulita, trasparenza, famiglia tradizionale (cosa c’entri poi questo con la gestione della città devono spiegarlo)…
Il punto vero è spiegare perché non hanno fatto tutto quello che dicono di voler fare, quando erano lì a governare!
E vogliono tornarci.

L’ostinazione a ricandidarsi di coloro che sono stati alla guida della città (Calandrini, Calvi, Tripodi, Tiero, Sovrani, Chiarato) avendo ricoperto ruoli di grande peso, e quindi  di corresponsabilità di governo e di risultati, è per me un insulto.

La vera sfida a Latina è quella contro la malapolitica e la gestione privata dei beni pubblici a servizio del consenso.
Se ne aggiunge anche una nuova: quella di far crescere Latina, di rilanciare uno sviluppo ed una economia fermi e imbrigliati in una prassi politica viziata, fatta di promesse e contrattazioni puntualmente disattese.
imageI candidati della destra continuano a parlare di trasparenza, quando Presidente del Consiglio, Sindaco, assessori e consiglieri di maggioranza cambiavano le carte e i numeri della pianificazione urbana dicendo che solo la giunta bastava ad approvare i Piani Particolareggiati facendo diventare lo stadio comunale un’area verde attrezzata, il quartiere R6 una colata di cemento e la ZTL un campo di battaglia per non aver condiviso realmente le scelte con le parti interessate.
L’ufficio di Urbanistica Partecipata, appannaggio di una dirigente senza sottoposti, era la bugia “meglio vestita” che potevano fornire, quando confondevano partecipazione con comunicazione dei PPE nel tour che l’ex assessore Di Rubbo fece nelle varie parti della città per illustrare, appunto, quello che era stato già approvato (non per decidere con i cittadini).

È il cittadino-elettore che ha il potere sanzionatorio o premiale rispetto al politico.
È l’elettore che deve togliere il proprio voto a chi non ha rispettato gli impegni presi.
È l’elettore che deve riconoscere le bugie che i “capitani” di Latina vanno ancora raccontando, continuando a promettere senza aver mai dimostrato di saper realizzare alcunché per la città.
È l’elettore che si prende una responsabilità grande: decidere anche per gli altri.

Ed è profondamente sbagliato fare solo la guerra ai partiti sostenendo che il civismo è meglio della politica: le liste che concorrono sono tutte civiche tranne Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Tutte le liste “civiche” hanno candidato politici di lungo corso o persone riferibili a politici del passato, chi in misura maggiore chi in misura minore. Quello che deve passare al vaglio è la credibilità del progetto e le persone che vogliono realizzarlo.

È arrivato il momento di passare il testimone all’altra Latina, quella dello sviluppo e dell’innovazione, quella della contemporaneità, quella che ribalterà la macchina amministrativa del Comune di Latina per scardinare il clientelismo e il familismo che hanno generato inchieste della magistratura e mortificazione delle competenze di tanti onesti dipendenti comunali.

imageQuello che abbiamo messo in campo con Enrico Forte è un progetto di città vero e realizzabile: la prima pietra è mettere la parola fine alla connivenza tra politica e gestione personalistica dei beni della comunità e lo faremo con il rigore della vera trasparenza e con gli strumenti che una politica capace ed esperta sa usare. Poi occorre spingere l’acceleratore sull’innovazione a tutti i livelli.
Alla frammentarietà sociale che ha tanto fatto comodo alle precedenti amministrazioni opporremo la costruzione di una vera comunità, che connetta, che leghi, che valorizzi ciò che già è in atto e che lo metta “in rete”.

A sostegno di questo progetto abbiamo persone di competenza ma anche fresche nel panorama politico, che Latina conosce e stima: le idee e i progetti devono essere veri e camminare su gambe forti e decise. Ma in questa nuova sfida la città non può rimanere a guardare chi vincerà: deve fidarsi e farlo insieme a noi.

Latina può cambiare in meglio, lo deve ai suoi figli, lo deve alle nuove generazioni.

Destra unita e il “santo in paradiso”.

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Non trovo incredibile che la destra si sia organizzata per presentarsi in modo unitario alle prossime elezioni amministrative del 2016.
Lo trovo spudoratoÈ comprensibile che si uniscano coloro che non avrebbero alcuna speranza di poter conquistare “il governo della città” se non insieme (forse) e dopo che per ben due volte quei medesimi politici sono stati smascherati perché invece che “per il governo della città” erano in tutt’altro indaffarati.

Ben 9 inchieste, voglio ricordarlo, sono state aperte dalla magistratura nei confronti della gestione del Comune di Latina durante l’era Di Giorgi su diverse questioni: rifiuti, variante Borgo Piave, spalti stadio, via Quarto, verde, spacchettamento appalti, campi sportivi senza concessioni, proroghe all’infinito…

Cinque anni fa il giovane latinense, da poco eletto in Consiglio Regionale e aspirante sindaco, fa un pubblico “mea culpa” per i disastri a firma Zaccheo, giura discontinuità e vince le elezioni.
Si insedia l’amministrazione Di Giorgi, piena di vecchi e di nuovi, con una giunta cangiante Romano-Latinense al bisogno.

Cade di nuovo e giurano “mai più insieme”.

Oggi leggiamo che le varie componenti di centro destra, che fino a ieri giuravano che non avrebbe mai più fatto accordi di nessun tipo con i propri fratelli-cugini ex PDL, ritrovano l’unità su un progetto politico che – audite audite – supera le divisioni sui temi di urbanistica, rifiuti, cimitero e metropolitana.
MA QUESTI SONO I TEMI CALDI della scorsa consiliatura ai quali i proprio gli stessi Calandrini, Tiero, Calvi e NON HANNO SAPUTO TROVARE SOLUZIONI PER BEN 4 ANNI!!!
Ma ci prendete in giro?
Ora hanno trovato l’intesa.
Fuori tempo, signori.

Quale credibilità può avere chi, alle strette, giura di fare il bravo la prossima volta, dopo che è stato colto in flagrante per ben due volte, con le mani nel grande sacco delle varianti urbanistiche, delle volumetrie raddoppiate e triplicate, dei doppi acquisti di aree già in possesso del Comune?
Chi volete incantare ancora?

Lo so, sperate ancora di essere quel “santo in paradiso” del cittadino che spera di trovare in voi chi gli sbriga le pratiche comunali.
Ecco perché ve ne andavate con faldoni in giro per gli uffici… ed io, neo eletta, a chiedervi se mi ero persa qualcosa, se dovessi anch’io procurarmi quel pesante fardello che supponevo indispensabile per l’espletamento del mandato di amministratore.
Dopo che con insistenza chiedevo cosa fossero tutte quelle carte, una risposta per tutte: “Ma scusa, come credi che mi possa mantenere tutti i voti che ho preso?“.
Sono felice ed orgogliosa che i miei 650 elettori non mi abbiano mai chiesto favori personali, o di fare per loro il lavoro che gli uffici sono tenuti a fare e che un certo politico, ahimé, “velocizza“, facendo credere al cittadino che quello sia un favore da ricambiare con un fedele voto da parte sua e della propria famiglia, quando invece è un diritto del cittadino quello di avere un’amministrazione che funzioni.
Ecco il motivo per cui la macchina amministrativa non veniva modernizzata, non veniva resa trasparente, non veniva resa efficiente: avrebbe tolto il lavoro e il consenso a certi politici…

Ed è questo lo scatto richiesto alla nostra città: il politico, nonostante debba mantenere una grande sensibilità nei confronti delle difficoltà particolari delle persone, deve prendersi cura della collettività, deve rendere più agevole, più efficiente, più trasparente, più accessibile il percorso di qualsiasi atto amministrativo. Deve sostenere la propria comunità, coordinando e agevolando il lavoro del terzo settore, progettando insieme alla comunità gli interventi che vengono erogati per evitare di trattare i cittadini fruitori finali dei servizi come oggetti sui quali far ricadere le proprie politiche. I cittadini vanno resi protagonisti e soggetti con i quali collaborare.
Gli elettori, da parte loro, devono pretendere dai propri eletti che si occupino della città tutta, perché è li che si gioca il futuro: il ben-essere si misura in termini di vivibilità collettiva, non individuale.
Gli elettori devono pretendere dai propri eletti che vengano alzati quegli standard che purtroppo oggi ci vedono fanalino di coda di tutte le classifiche, dall’ambiente alla trasparenza, dai servizi alla persona alla vivibilità in generale.

Il voto fidelizzato non fa bene a nessuno: il politico resta impunemente al suo posto nonostante combini disastri alla città e il cittadino resta chiuso nel proprio bisogno individualistico che il politico soddisfa: il disastro è garantito.

L’alternanza è lo strumento che rende i politici migliori (se faccio bene sarò confermato e altrimenti no) e i cittadini più attenti a valutare l’operato dei propri amministratori.

Cambiare si può: è il momento dell’alternanza.

Politica ambigua? No, grazie.

imageAncora una volta balzati a cronaca nazionale.

Questa volta per la bizzarra idea di candidare nel PD un uomo da sempre connotato nella destra latinense.
L’esigenza dichiarata è quella di voler aprirsi al nuovo elettorato (quello della destra) definito l’unico che può fa la differenza.

Ma dov’è la differenza?
Essere aperti alla cosiddetta “società civile”?

Sono una di quelli che ha risposto all’appello di Veltroni ad entrare nel Partito Democratico perché c’era bisogno di donne e uomini “della società civile”: il nuovo partito che veniva fondato voleva rappresentare ed essere il rinnovamento della politica.
Di quel gruppo siamo rimasti in pochissimi a fare politica attiva.

Quando si invita qualcuno ad entrare in casa propria a vivere insieme, il modello di convivenza va necessariamente modificato: il PD, in questi anni, ha mantenuto il suo rigido modello fatto di gruppi piramidali ai cui membri venivano garantiti ruoli ed eventuali candidature.

No. Il cambiamento va impresso dando forza a chi ha conquistato il merito e la competenza in ambito politico con idee chiare e non interpretabili: siamo un partito, e come tale abbiamo il dovere e la responsabilità di produrre buona politica ed offrire un percorso che oggi deve soddisfare i criteri di chiarezza, competenza e innovazione.

Perché qui stiamo parlando di politica, non di faccia interessante o di notorietà, giusto?
Né tanto meno di ceto politico “migrante”, vero?

Comprendo l’esigenza di diventare riferimento per una grossa fetta di elettorato sentimentalmente legato alla destra, ma ritengo che gli elettori vadano trattati per ciò che sono: persone intelligenti.

La destra a Latina ha fallito (e abbiamo la fortuna che l’evidenza schiaccia qualsiasi sentimentalismo).
Ora proviamo noi a dimostrare che Latina si può governare in un modo diverso.
Come?
Il viaggioxLatina che abbiamo intrapreso con Enrico Forte è chiaro: punto per punto, luogo dopo luogo, tema su tema spiegherà come vogliamo governare.
Ci vuole chiarezza e coerenza.
Il tempo della politica confusa ed ambigua è finito.