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Il NO al dimensionamento non è un capriccio.

imageLe dichiarazioni di Latina Bene Comune che ho letto questa mattina sul Giornale di Latina a proposito del dimensionamento scolastico riportano un parere favorevole rispetto all’ipotesi di razionalizzazione della provincia: credo sia necessario un approfondimento.

La questione del dimensionamento non è una mera questione di opinioni: è qualcosa di più e la protesta “gridata nelle piazzenon rappresenta il capriccio di chi non vuole cambiare edificio scolastico.
Occorre leggere con attenzione il significato di una protesta che non solo studenti, bensì dirigenti, docenti e genitori hanno sostenuto e con motivazioni che non sono di certo dichiarati in un freddo decreto, ma che si nascondono nelle pieghe di fatti che solo una conoscenza ed una partecipazione personale agli incontri può svelare.

imageE, lo ripeto, quando un’intera comunità scolastica si solleva e si fa sentire, non grida perché sta facendo le bizze.

Nel decreto, infatti, non c’è scritto che nell’unica riunione tenuta con i dirigenti scolastici (23 ottobre 2015) l’unico tema all’ordine del giorno fosse recepire dalle scuole eventuali proposte di dimensionamento: le scuole interessate hanno comunicato di non proporre alcuna modifica rispetto allo stato attuale. In quell’unico momento di “ascolto” i funzionari della Provincia non hanno illustrato alcuna proposta di dimensionamento, e qualora ne avessero avuta una in mente, non ne hanno fatto alcuna menzione.
Di fatto i presidi hanno saputo delle decisioni, che tutti ora conosciamo, solo quando il decreto è apparso sull’albo pretorio della provincia per la pubblicazione l’atto che decretava le modifiche.
Si era evidentemente OFF LIMITS per qualsiasi vera consultazione sull’argomento. Nessun feedback era stato richiesto ai presidi. Ecco il motivo della protesta.

Ma il cuore del problema sta nella brutta abitudine, da parte dei decisori, di guardare al mondo della scuola come ad un mero groviglio di numeri (gli studenti) e di contenitori (gli edifici scolastici) e il lavoro è presto fatto: taglia di qua, metti di là, da un giorno all’altro.

Ebbene, le scuole sono molto di più.

Innanzitutto sono degli enti autonomi che deliberano in merito all’offerta formativa e alla modalità di utilizzo delle risorse di cui dispongono, investendo su percorsi didattici, formazione dei propri docenti e allacciando accordi con istituzioni esterne anche internazionali. Un lavoro che viene programmato almeno un anno e mezzo prima di essere realizzato e per il quale si muove una “macchina” molto complessa intrecciata con studenti, famiglie e lavoratori del settore.
Per capire l’entità della comunità, una scuola di 1400 studenti coinvolge 2800 genitori, 200 tra docenti e personale ATA.

Come si può pensare di ignorare la vera essenza della scuola – ovvero ciò che si muove dentro e intorno ad essa in un delicato equilibrio compreso ciò che una comunità scolastica è in grado di generare, cioè i cittadini di oggi e di domani – e ridurla invece ad un mero conteggio?
E per di più senza acquisire un parere da parte dei dirigenti scolastici che sono responsabili del funzionamento delle scuole a loro affidate? Perché estrometterli dal percorso decisionale ed imporre una decisione così improvvisa e drastica?

I percorsi partecipativi sono una cosa seria e richiedono tempo, onestà intellettuale e competenza.
Intraprenderli è una scelta di metodo, è una scelta politica.

Elezioni della casta: odiose ma vittoriose

Sperando di vedere presto il compimento della riforma che abolisce davvero le Province e che finisca ciò che ha promesso, mi ritrovo a guardare il crollo di un sistema politico di forti interessi che con il Bene Comune non hanno avuto niente a che vedere.
Il sentimento più condiviso in questa vicenda è il sollievo per la fine di un’era e il piacere di vedere una donna sbaragliare e capovolgere lo “status quo” che per lunghissimi anni ha visto una classe politica stantia ed arrogante dettare legge in un territorio: c’è un sentimento di riscossa, un grido liberatorio. E se questo sistema è stato smontato e buttato via, è anche per “colpa” del Partito Democratico.

Seppure all’interno di un sistema criticabile e transitorio, quello delle Province,  non ci sono ragionamenti “di purezza ideologica” che tengono: la coalizione spuria racchiude una speranza di cambiamento.

Da tempo c’è diffidenza verso i partiti, il che ha fatto crescere il numero degli astenuti o il sostegno ai “non partiti”. È stata data forza ad un PD nazionale con un segretario criticato dai puristi della sinistra, ma premiato dagli italiani. Una frase che diventa un refrain: destra o sinistra purché che le cose si facciano, onestamente e per davvero. Non si riesce a star dietro alle mille sigle e alle mille trasformazioni dei partiti che poi, a guardare i nomi, poco cambiano. La maggior parte dei cittadini ignora i nomi dei partiti: sono invece sensibili a cambi di rotta inaspettati, forieri di soluzioni nuove in una situazione di stallo economico e sociale asfissiante.

Se al centro dell’attenzione politica vengono posti i temi reali e, insieme a questi, le proposte di soluzione, ben venga il contributo di tutti quelli che vogliono realizzare quel progetto.

La trasparenza e la legalità siano il binario su cui procedere e, soprattutto, siano loro il vero elemento di discrimine tra chi vuole costruire per davvero un futuro migliore e chi invece ne approfitta.

La partecipazione sarà il collante a garanzia di una vera sostenibilità politica.

E nella vicenda locale, più di qualcuno ha fatto un “salto mortale”: nell’eventualità che avesse vinto Mitrano, il PD ha rischiato di dover dare ragione alla fronda più a sinistra che prevedeva la fine del segretario provinciale ed un deterioramento della proposta politica con conseguente riconquista del PD locale (perenne quanto noiosa faida) da parte dei democratici più a sinistra; l’NCD rischiava di vedersi definitivamente isolato dopo lo strappo con Fazzone &Co. e perciò morire.

E invece risulta distrutto il sistema che ha dominato la Provincia per lunghissimi anni: Fazzone-Cusani.

E’ stato messo finalmente un freno. Si riparte.

La strada intrapresa ha portato alla vittoria. Sarà questa la nuova via, quella della rottura degli schemi ideologici?

Il coraggio è uno degli ingredienti fondamentali che ha dato forza a questa proposta, e solo la partecipazione, non dimentichiamolo, potrà garantire la bontà delle idee e la loro realizzazione nel tempo.

Ora vogliamo vedere in atto un nuovo stile: trasparente, legale, partecipato ed efficace.
Progettualità e coraggio hanno portato alla vittoria.

Ed è stato il coraggio a dare forza ad una giovane donna, magari ancora inesperta, ma in gamba, appassionata e forte del lavoro di gruppo attorno a lei: una miscela vincente, evidentemente, piacevolmente vincente.