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Congresso PD a Latina: si riparte.

Il Partito Democratico è una risorsa per il nostro paese e per la nostra città nella misura in cui riesce a diventare comunità di persone. Ciò che noi dirigenti di partito riteniamo importante non può essere diverso da ciò che ritengono importante le persone fuori del PD.

I problemi delle persone siano la nostra bussola per la scelta delle priorità.

Ecco il mio intervento integrale in video.

Ecco la trascrizione.
INTERVENTO Congresso PD
Nicoletta Zuliani
(29 giugno 2017)

Oggi è un giorno importante. Io lo sento come tale. Quando ho preparato questo intervento non sapevo se saremmo stati pochi o tanti. Quello che vale è essere qui per dare una forma e una sostanza al nostro impegno di cittadini iscritti al Partito Democratico.
Chi è qui oggi sicuramente ha delle aspettative, ma anche voglia di contribuire col proprio tempo, competenze, energie a rendere vivi dei valori, dei valori che dovranno guidarci per arrivare a dare delle risposte alla nostra comunità latinense. Valori e risposte.
Esatto.
Noi siamo proprio nel mezzo. Noi siamo tra i valori che ci hanno portato qui oggi e i problemi dei nostri concittadini ai quali dobbiamo dare delle risposte.

IL COMPITO DEL PARTITO
Probabilmente si dimentica spesso quello che è il vero compito dei partiti.
Probabilmente è per questo che i cittadini dentro le urne (ma anche fuori delle urne scegliendo l’astensionismo), è per questo che i cittadini non ci scelgono.

Le ultime vicende elettorali devono portarci a riflettere su ciò che non deve essere il nostro partito. Non farò una analisi del voto: voglio osservare ciò che questi ultimi risultati mi dicono rispetto a come il partito non deve essere.

Il partito non può essere il luogo in cui arriva dall’alto un ordine che viene eseguito.
Il partito non può essere un mero comitato elettorale di qualcuno che ha bisogno di essere eletto.
Il partito, o crea un senso di appartenenza, o è inutile alla collettività.
No, anzi, è dannoso. E la collettività lo punisce non scegliendolo alle elezioni.

I CIVICI
Osserviamo ora il “fascino” che i civici esercitano sugli elettori. Non mi riferisco ai falsi civici, quelli che si spogliano solo nominalmente dei vessilli dei partiti per disconoscere in modo ipocrita il proprio operato e la propria storia da politico con lo scopo di riacquistare una verginità presso gli elettori: non parlo quindi degli ex-PdL, ex-FI, ex-AN, ex-PD, ex-“qualsiasi partito” che fingono di essere civici. Parlo dei civici veri, quelli della società civile che si impegna.

Perché qui è molto sottile la differenza che forse non si è colta a sufficienza.
La scelta del civismo non è rifiuto dei cosiddetti partiti politici tout court: di fatto i movimenti civici sono associazioni di persone che contribuiscono alla vita politica del loro paese. (art. 49 della Costituzione)
I civici scelgono persone che rappresentano ciò che sono: onestà, dedizione al lavoro, spirito di gruppo, successo professionale, carica umana, saper parlare la stessa lingua della gente, ma anche semplicità e ordinarietà…
Poi si dotano di un progetto di buon senso per la città, affatto ambizioso, anzi.
E questo è sufficiente per farli vincere, spinti anche dal vuole non votare chiunque sia stato al potere prima di loro.

VALORE DELLA PERSONA
Guardiamo chi votano i cittadini che scelgono i civici, che caratteristiche hanno gli eletti. Vedete, oggi è molto più apprezzato chi si mette a disposizione senza aspettarsi nulla in cambio, senza un interesse collaterale… loro, questi civici, non hanno nulla da perdere, e il guadagno che ne ricavano è tutto nel gruppo.

Il loro concetto di persona è diverso da come i partiti lo hanno inteso oggi. I partiti tradizionali invece di vedere la persona, la intendono come pacchetto di voti, portatore di voti, garante di relazioni e di consenso elettorale. Si è portati ad usare le persone per arrivare ad una certa percentuale di consenso che, secondo i calcoli, possa garantire questa o quest’altra cosa.
Tatticismi.

Io credo invece che le persone siano portatori di valori.

Allora, quando definiamo le liste dei candidati o per gli organismi del partito, chiediamoci: quale valore rappresenta questa persona? Quale valore, non CHI rappresenta, da chi è portata. Chiediamoci: cosa rappresenta questa persona per la sua storia, le sue scelte, la sua vita?
C’è da attuare uno spostamento di peso: dalle persone ai valori che quella persona rappresenta e per cui è riconoscibile; spostiamo il peso dai nomi ai progetti; dai nomi a ciò che le persone veicolano e che “raccontano” all’esterno con il loro essere.

E allora capite quanto sia importante la scelta dei valori, degli indirizzi, dei metodi, e dei criteri di scelta delle persone che li rappresentano!!
Questo ci farà ricostruire la nostra entità di gruppo. O diventiamo un gruppo così, una comunità, o saremo inutili alla nostra città.

I NOSTRI VALORI
Ai civici mancano però gli strumenti della politica, della conoscenza dello “spazio” amministrativo e questo vanifica molto del loro affannarsi a fare le cose; sono lenti ed inefficaci.
A loro manca una visione radicata in valori ben precisi, una visione che è il risultato di una percorso fatto di tradizione politica quella bella, quella che ti muove il cuore;
A loro manca il collegamento a politiche territoriali di più ampie che danno consistenza e solidità. Tutte cose che i partiti hanno nel loro DNA e nella loro storia. Tutte cose che noi abbiamo.

Allora, ripartiamo da persone credibili, vere, generose.

Ripartiamo dai valori inossidabili del nostro stare insieme: li dico in tre parole
democratici
solidali
aperti

Democratici
Questa parola racchiude sostanza e metodo: Chi decide? Cosa viene deciso? Come viene deciso? Basta con i cosiddetti caminetti o con le cene o pizze dei maggiori rappresentanti che si mettono d’accordo o che si dichiarano guerra. Nel documento presentato dal nostro gruppo poniamo questo come punto inderogabile e questo mi aspetto dal nuovo segretario.
Si decide dentro gli organismi, e le persone che compongono gli organismi siano portatori di valori che la gente vuole: onestà, lealtà, rispetto.
Gli organismi non possono ratificare solamente decisioni prese dai maggiori rappresentanti: devono proporle, discuterle, elaborarle…
Per decidere bisogna conoscere. Per ciò, collegamento costante tra gli eletti e la base garantito dal partito: incontri periodici, aggiornamenti accessibili a tutti con una canale di feedback a doppia via. La base deve sapere cosa fanno gli eletti, e gli eletti devono ascoltare le proposte della base.

Solidali
I problemi che vivono i nostri concittadini siano la nostra bussola. Questo ci detterà l’agenda delle priorità. Per questo, il partito si attrezzerà per recepire dalle diverse aree territoriali le voci che descriveranno i problemi e le proposte.
Ci sono problemi pesantissimi ed è urgente, urgentissimo che il Partito Democratico si faccia presente e promuova soluzioni.
La gestione dei rifiuti, l’igiene pubblica, la gestione dei rifugiati, l’emergenza idrica, la crisi produttiva, lo stallo amministrativo del settore edilizio, l’assenza di pianificazione e di creazione di presupposti per un futuro diverso da oggi, non posso elencarli tutti… Essere solidali significa non staccarsi mai da quelli che sono i problemi di tutti i giorni che i Latinensi e i borghigiani vivono e soffrono. I loro problemi sono la nostra bussola.

Aperti
Lasciamoci contaminare da ciò che è fuori del partito. La vita si è velocizzata, viaggia su canali mediatici diversi da quelli che i partiti avevano. Le cosiddette classi sociali e le categorie con le quali eravamo abituati a confrontarci sono totalmente diverse da quelle di soli 20 anni fa. Non siamo più un paese di produzione, e la scuola e la formazione devono cambiare rapidamente o restiamo fuori da tutti i mercati. Ci saranno conseguenze massicce ed epocali sul fronte della demografia e della migrazione dei popoli…
Ciò che è fuori del nostro piccolo partito, le grandi sfide iniziano e si evolvono secondo schemi che non fanno più parte delle nostre vecchie categorie.
Non temiamo il nuovo, dobbiamo ben ponderarlo ma dobbiamo essere aperti, perché il futuro non è niente di ciò che abbiamo già visto. Il futuro potranno farcelo intravedere solo i giovani, e quelle poche menti illuminate spesso inascoltate.
Dobbiamo aprirci al contributo di chi vuole dare forza al nostro partito democratico e in chi si riconosce nei nostri valori.

Democratici, solidali, aperti.
In questo nuovo inizio riponiamo tanta speranza. Non solo noi. Fuori ci aspettano tantissimi cittadini, stanno guardando e aspettano di valutarci secondo le loro categorie, le loro categorie.

Democratici, solidali, aperti.
Alessandro, il nostro contributo andrà in questa direzione, e solamente in questa.

FELICITÀ: una questione politica

La felicità non è una questione privata.

Due fatti: 
1- l’aereo precipitato con 150 persone a bordo per un atto suicida del pilota e 
2- un post su FB di un mio amico (con tanti commenti a seguito) sulle devastanti ripercussioni che insegnanti frustrati ed infelici generano su bambini e ragazzi, nella delicata fase della loro formazione.
E poi mi vengono in mente gli uffici, sia quelli che svolgono un servizio al pubblico che no: qual’è il costo sociale dell’infelicità di tanti singoli messi insieme?
Quanto paghiamo, in termini di disservizio, quando in un ufficio, un dipartimento, un posto di lavoro non c’è collaborazione, comprensione, capacità di “andare oltre”?
Quanto siamo ingessati e immobilizzati dai confini che una mansione pone, tali da lasciare zone di limbo in cui nessuno è responsabile, nessuno agisce perché “non spetta a me fare quella telefonata”, “non è di mia competenza”…
Quanto ci costa la cultura dello scontro? È socialmente sostenibile?
Io dico di no. 
Certo, la cultura del “non spetta a me” è indubbiamente foraggiata da un contorno che parla di una realtà unicamente popolata di conflitti: programmi televisivi e titoli di giornale, per come sono strutturati e per come raccontano i fatti, non fanno che alimentare la cultura dello SCONTRO, individuo contro individuo nutrendo  ”il mostro dell’infelicità“. La cultura del singolo con le sue posizioni dalle quali non si deve recedere mai, sia in ambito familiare che politico, come per un fatto di orgoglio, come se si perdesse la propria identità, ci fa credere che l’individuo con le sue singole posizioni, i suoi singoli bisogni e diritti sia il paradigma della società giusta, di una società che punta al benessereindividuale, appunto.
Ecco, forse,  il perché all’anno santo sulla misericordia indetto da Papa Francesco. 
Ora me lo spiego meglio.
La felicità non è solo una grande e intima aspirazione dell’uomo inteso come  come singolo: è una necessità collettiva, sociale “La mancanza di felicità personale è un segno della crisi, la felicità non è legata solo al singolo momento, ma alla vita buona: non si può essere veramente felici da soli perché la felicità nella sua essenza più profonda è un bene relazionale.“(L.Bruni).
E la “vita buona” è, quindi, primariamente legata alla qualità delle relazioni.

In sostanza, amare ed essere riamati: questo è il “come” e il “perché” del nostro vivere, il significato profondo del nostro agire familiare, lavorativo, politico-economico e, quando viene smarrito, produce malessere, infelicità, depressione. 

Bisognerebbe forse render giustizia ai valori della rivoluzione francese che hanno forgiato il mondo moderno: libertà e uguaglianza sono però monchi della fraternità, l’unica che tiene coesa una comunità, che la identifica, non in un’idea, ma in virtù di una relazione,  il senso profondo del proprio esistere.