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Docenti inadeguati e le querce di domani.

 
  È più che mai urgente un sistema per valutare l’operato degli insegnanti: attualmente la legge 107 (la cosiddeta “buona scuola”) ancora non vede realizzati gli organismi ed i criteri per valutare i docenti delle singole scuole. I fatti che ieri e oggi sono sui giornali stanno a dimostrare che, se da una parte il burn-out dei docenti è una realtà, dall’altra urgono modalità per valutare la professionalità e l’opportunità della presenza o meno di educatori in luoghi estremamente delicati come le quattro mura di una classe.

Le scuole non sono un posto di lavoro come un altro: un insegnante non ha a che fare con pratiche o con scartoffie – sebbene negli ultimi anni diciamo di esserne stati sommersi- il suo compito primario è quello di contribuire alla educazione e alla crescita armonica di piccoli cittadini in formazione. Sempre più frequentemente il vissuto di questi bambini di oggi, di questi ragazzi è lontano da quello di vent’anni fa: vedo bambini e ragazzi vivere situazioni familiari che definire drammatiche e sconvolgenti è poco…

A queste non ci possiamo permettere di aggiungere scarsa professionalità, o peggio, scarsa compatibilità con il lavoro di educatore.

Se da una parte la scuola deve ripensare la sua funzione in termini di crescita professionale, evoluzione delle strategie di insegnamento, adeguamento a nuovi modelli di apprendimento, la famiglia deve riappropriarsi del suo ruolo di corresponsabile dell’educazione dei propri figli in un’ottica di comunità, ovvero collaborando con l’istituzione scuola.

Troppo spesso si assiste a barricate che si alzano da parte dei genitori o da parte dei docenti per difendere posizioni o prerogative proprie, usando come terreno di duello i figli o gli studenti.

Quando i genitori si armano contro gli insegnanti e quando questi si trincerano dietro motivazioni burocratiche assistiamo al fallimento della scuola come comunità educante.

Questa conflittualità è una delle tante cause del disorientamento e del conseguente crollo dei punti di riferimento che caratterizza questa generazione di nuovi studenti.

Non si apprende e non si evolve in condizione di frammentazione o peggio, di conflittualità.

È per questo che occorre un nuovo patto educativo che metta al centro i bisogni dei piccoli/grandi studenti, e che veda come co-protagonisti del processo formativo degli studenti, famiglie e scuola. Bisognerà mettere sul piatto principi e valori condivisi per poi convergere su regole e modalità operative trasparenti che sole possono garantire la crescita di stima e fiducia reciproca tra le parti.

Solo così potremo dire di avere una comunità educante, l’unica che può tutelare, proteggere e far crescere le pianticelle che saranno le querce di domani.

Renzi twitta, i docenti scendono in piazza.

imageMatteo Renzi twitta:”Preside sarà valutato. Parliamone, ma nel merito. Preside con più responsabilità ma non padrone. no aziende nei Cons Ist. Precari che hanno titolo sono assunti”

Ad alcuni sembra strano che stia montando questa protesta nei confronti della “buona scuola” del governo Renzi: 100.000 assunzioni, eliminazione del precariato, 7 miliardi di euro investiti nella scuola, € 500 a docente all’anno per aggiornamento e formazione…
Quando la riforma Gelmini distrusse la scuola togliendo 8 miliardi di euro in tre anni, annientando intere classi di concorso, riducendo l’orario curriculare e aumentando il numero degli alunni per classe non ci fu tutta questa mobilitazione…

Come mai?

È stato un errore secondo me aver messo tutto insieme in un unico provvedimento: regolarizzazione dei precari, sistema di reclutamento dei docenti, super poteri al dirigente scolastico, autonomia e organico funzionale, €7MLD, aggiornamento finanziato individualmente…

Il punto più sensibile è il tema del reclutamento dei docenti a discrezione di un unico individuo: il Dirigente Scolastico.
Siamo in Italia e non abbiamo la cultura del merito che nutre le scelte che si fanno in ambito di bene pubblico: c’è più “merito” nell’essere “figlio di” piuttosto che avere a proprio titolo pubblicazioni ed esperienze riconosciute all’estero.
La fuga dei cervelli italiani ne è una triste prova.

Se andiamo a vedere il metodo di reclutamento degli insegnanti in Europa e nel mondo, notiamo subito che nei paesi che hanno conosciuto direttamente un sistema totalitario (Italia, Germania, Francia, Spagna) il metodo di reclutamento è principalmente per concorso o attraverso una graduatoria: un metodo trasparente che certifica competenze risolvendo in questo modo il problema delle priorità e soprattutto evitando la figura del “singolo che decide”.
Quindi la priorità va a chi certifica maggiori competenze secondo criteri e parametri stabiliti a livello nazionale.
Se questo sistema funzioni davvero in Italia e ci tuteli davvero da chi è raccomandato, ne abbiamo tutti un po’ il dubbio, ma è il sistema che fino ad oggi riteniamo il migliore e che, assieme agli altri pesi e contrappesi, dovrebbe prevenire derive autoritarie

Nei paesi dove il merito è comunemente riconosciuto come il criterio fondamentale per reclutare personale qualificato, (mondo Anglosassone, Paesi Scandinavi e resto del mondo) gli insegnanti fanno un colloquio e vengono assunti da chi dirige la scuola.
Nel rapporto e Eurydice si legge: “una minoranza di paesi europei fa ormai uso di meccanismi centralizzati di selezione degli insegnanti. La maggior parte dei paesi europei dispone di un sistema di assunzione molto decentrato, denominato assunzione aperta, in cui il processo di relazioni tra gli insegnanti in cerca di occupazione e le cattedre disponibili al luogo a livello di istituto. ”
È lo stesso criterio adottato anche negli Stati Uniti.

L’idea che muove questa scelta è la seguente: se ho insegnanti capaci, bravi, motivati e motivanti avrò molti studenti iscritti alla mia scuola e sono gli iscritti che potranno garantire la continuità dell’esistenza della mia scuola.

Probabilmente la riforma della “buona scuola” intendeva proprio agganciare l’Italia al sistema meritocratico vigente nella maggior parte dei paesi del mondo.
Ma l’Italia non è come i paesi anglosassoni. Abbiamo testimonianza di una strada intrapresa che andava verso questa direzione e che si è miseramente interrotta.

Mi riferisco alla riforma del Titolo V della Costituzione Italiana che sgancia di fatto la scuola dal centralismo nazionale e le conferisce autonomia pur nel rispetto di standard nazionali. Purtroppo l’esito (monco) della modifica del titolo quinto è finito con l’essere una mera operazione di decentramento e di semplificazione amministrativa, mentre il momento centrale e fondante del servizio di istruzione riformato doveva essere in grado di finalizzare meglio i propri interventi per una maggiore garanzia del diritto all’istruzione.
La forma concreta attraverso cui cambiare la scuola risiedeva nell’organico funzionale, ovvero stabilire in perfetta autonomia una dotazione di docenti per raggiungere il proprio obiettivo (docenti che non fossero sovraccaricati fino all’inverosimile di lavoro burocratico come è oggi, ma liberi di potersi attivare per il raggiungimento degli obiettivi che la scuola stabiliva nell’esercizio della propria autonomia).
Purtroppo, a questa autonomia di progettazione non è corrisposta una autonomia finanziaria, elemento indispensabile per poter raggiungere questi obiettivi e attuare questi progetti.

Quindi l’idea c’era, ma mancavano le risorse finanziarie.

La “buona scuola” introduce un elemento in più nella direzione di una piena autonomia dell’istituzione scolastica, ovvero la scelta del proprio organico, la scelta del motore della propria macchina: i docenti.

Ma, la mia domanda è questa: è possibile “tout court” applicare il criterio anglosassone del merito in un paese come l’Italia che ha una storia radicata di familismo e clientelismo?
Secondo me no.

Non sono pessimista o retrograda: osservo la realtà dei fatti.

Certamente il merito deve diventare il “criterio principe” attraverso il quale vengono fatte le scelte per tutto ciò che è pubblico, e quindi a servizio dei cittadini, ma se rispetto ad un dirigente che sceglie i propri docenti non c’è un sistema di contrappesi che tuteli i docenti da familismi o clientelismi, questo sarà un sistema iniquo e soprattutto che non è destinato a funzionare.

C’è anche un’altra necessità: quella di stabilire un sistema certo ed efficace che tuteli e protegga i bambini e ragazzi e giovani da insegnanti che si dimostrano dannosi.
Quanti di noi come genitori non hanno sperimentato l’inadeguatezza di alcuni docenti? Quando si è dalla parte dei genitori si comprendono le falle del corpo docente e del sistema che dovrebbe controllare e garantire un livello qualitativamente alto di offerta formativa.
Il sistema attuale è inefficace, a tratti connivente.

Per questo, in Italia, dare questa facoltà al dirigente scolastico non è una soluzione percorribile.

Abbiamo ancora bisogno di più trasparenza, di criteri condivisi e coniugati ad un maggior riconoscimento del valore e delle competenze di chi lavora di più e meglio tra i docenti.

E forse il punto è proprio questo: chi può dirlo?

NELLA SCUOLA CHE VORREI…

laBuonaScuolaTavoli tematici sui 12 punti della riforma sulla Buona scuola

Quest’iniziativa è un punto di partenza per far fronte alle sfide importanti e per dare un futuro alla “Buona scuola”: dalle infrastrutture al dimensionamento, dall’alternanza scuola – lavoro, alla scuola digitale e all’orientamento, tutti temi che saranno trattati “Nella scuola che vorrei……” evento organizzato dalla Segreteria Comunale del PD di Latina – venerdì 21 novembre 2014 dalle ore 16.30 presso il Circolo Cittadino, Piazza del Popolo a Latina.

PROGRAMMA:

-ORE 16.30 INGRESSO E REGISTRAZIONE PARTECIPANTI;
-ORE 16.45 SALUTI DEL SEGRETARIO GIOACCHINO QUATTROLA E INIZIO LAVORI ;
-ORE 18.00 TERMINE DEI LAVORI NEI TAVOLI TEMATICI E RINGRAZIAMENTI DI CINZIA ROMANO CON DELEGA ALLA SCUOLA E ALLA CULTURA;
-ORE 18.15 I RELATORI RELAZIONANO ALLA PLATEA CON IL COORDINAMENTO DEL
DIRIGENTE SCOLASTICO ELISABETTA BURCHIETTI;
-ORE 19.00 – CHIUSURA DEI LAVORI

Con i seguenti tavoli di discussione:

TAVOLO 1 GLI INSEGNANTI: reclutamento, selezione, supplenze.
Un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Gradua¬torie ad Esaurimento. 40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzio¬ne. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni. Garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzio¬ni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli stu¬denti la continuità didattica a cui hanno diritto.

TAVOLO 2 LA VALUTAZIONE: valutazione d’istituto, dei docenti, dei dirigenti.
Scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 prof. su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al migliora¬mento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubblicherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un progetto di miglioramento. Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.

TAVOLO 3 L’AGGIORNAMENTO: competenza, formazione (personale docente e ATA)
Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attraverso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.

TAVOLO 4 LINGUE E LINGUAGGI: tecnologia, musica, sport, arte, lingue straniere.
Rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze digitali: coding e pensiero computazionale nella primaria e piano “Digital Makers” nella secon¬daria. Diffusione dello studio dei principi dell’E¬conomia in tutte le secondarie. Portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scommettere sui punti di forza dell’Italia. Nel processo di cambiamento, la scuola di oggi deve essere un luogo capace di dare ai giovani le “abilità culturali” inerenti l’approccio interculturale, l’orientamento al confronto e l’educazione per diventare davvero cittadini del mondo.

TAVOLO 5 LA GESTIONE TRASPARENTE: finanziamenti, finanze, scelte di investimento.
Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attra¬verso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi. Stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramento delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche.

TAVOLO 6 SCUOLA E TERRITORIO: alternanza scuola-lavoro, enti, associazioni. .
Alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’impresa didattica, potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale.

TAVOLO 7 INCLUSIONE: studenti stranieri, BES, DSA, diversamente abili, dispersione scolastica e diritto allo studio.
Saranno affrontati i temi: del Diritto allo Studio di tutti gli alunni sin dalla Prima infanzia, Scuola primaria, Dispersione, Pluriclassi, Diritto allo Studio. Diventa importante riflettere sui temi della preparazione e riflessione dei docenti in merito a come si apprende oggi, ai campi comuni tra più discipline, ai nuovi media per l’apprendimento, alla relazione tra scuola come comunità che accoglie e scuola come comunità che propone sapere e competenze per tutti.

TAVOLO 8 LUOGHI E STRUTTURE : infrastrutture, attrezzature, decoro, sicurezza, manutenzione.
Saranno affrontati i temi dell’edilizia scolastica, sicurezza, scuola e territorio, tema ricollocato al centro dell’iniziativa politica e parlamentare. Si tratta di ripensare l’educazione proprio nei luoghi deputati al più significativo e prolungato incontro tra generazioni. E rimettere mano alle strutture, pensando sì a nuove scuole ma anche ai tanti piccoli accorgimenti che potrebbero subito fare molto. Piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wi-fi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.

TAVOLO 9 GLI STUDENTI: Saranno affrontati i seguenti argomenti: le pagelle dei docenti; i nuovi programmi, un giorno a settimana di sport arte e cultura? Perché no, questo ed altro, la parola agli studenti; basta supplenze: le proposte degli studenti tra nuove alfabetizzazioni, scuola digitale ed attività “extracurriculari” ; le 100 procedure da abolire ; il report degli studenti sugli stage .

I PROTAGONISTI SIETE VOI:
Sono i presidi e gli insegnanti che ogni giorno portano avanti i loro lavoro tra mille difficoltà, facendo il meglio che possono, con i pochi mezzi e strumenti che la scuola mette a loro disposizione.
Sono le famiglie, perché hanno l’obiettivo di chiedere il meglio per i propri figli, e alla scuola chiedono l’opportunità di lavorare di concerto per traguardare il futuro con concretezza ma anche ottimismo.

Sono i ragazzi, gli studenti di ogni età, perché hanno il potere della creatività e hanno le chiavi per capire il mondo che cambia, per interpretare le cose che accadono. Mentre accadono.

Sono operatori del sociale, della cultura e dello sport che a vario titolo forniscono servizi di assistenza scolastica e/o servizi educativi aggiuntivi e/o di alternanza tra scuola, sport ed attività culturali.
Sono i rappresentanti delle associazioni di categoria che potranno fornire una visione sulle competenze e abilità oggi richiese dal mondo del lavoro e come la scuola può uniformarsi con proposte formative in alternativa a quelle proposte. Le forme dell’alternanza scuola-lavoro.
Sono le imprese che potranno indicarci quali sono le competenze e capacità che i giovani devono possedere, affinché possano essere inseriti in un contesto lavorativo al passo con il mercato in continua evoluzione.
Siamo tutti noi, quando proviamo a ragionare assieme, orientati da una visione comune, senza pregiudizi, senza luoghi comuni, false credenze e senza pessimismi.

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE
Potete prenotare attraverso un post, indicando il numero del tavolo e il relativo tema. Saranno accolte max 8 persone ad ogni tavolo con l’obiettivo di poter realizzare un lavoro efficace. CLICCA QUI
Nella scuola che vorrei…….si racconterà a più voci una scuola che vuole essere migliore!
Condividete e partecipate alla discussione.

Il PD ascolta la scuola: il mio intervento

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Punto focale e rivoluzionario è la qualità: qualità del corpo docente, qualità dell’offerta formativa di una scuola, qualità dell’intervento didattico, qualità del risultato.
Non so se vi è mai successo: ragazzi studiosissimi, bravi scolasticamente parlando, ma incapaci di inserirsi in modo assertivo nella società, incapaci di scegliere, fragili se la vita impone loro un cambio improvviso di direzione.
Mi chiedo: ma cosa insegniamo a questi ragazzi?
Perché usiamo criteri e parametri prettamente scolasti per valutarli quando il mondo non li valuta allo stesso modo? Perché i parametri e i criteri di valutazione della scuola si distaccano così tanto dalla prassi con cui la vita li valuta, li premia o li punisce?

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Noi cerchiamo di dimostrare che chi vale va avanti, chi lavora sodo ottiene risultati. Ma funziona così fuori della scuola?
I ragazzi sono sempre più svegli e disincantati e sanno che fuori della scuola purtroppo il merito vale poco. Ecco che allora a scuola si fa fatica a motivarli: tra scuola e società c’è incoerenza, se non schizofrenia. Il principio che loro vedono muovere le cose è “riesci se hai gli agganci giusti”, non credono che se sono veramente capaci potranno vincere nella vita.
Familismo ottocentesco, mentalità paternalistica e foriera di cultura mafiosa.
Primo obiettivo, dunque, sincronizzare la società con la scuola, (non il contrario).

C’è un gran discutere su come valutare i docenti: voglio risolverla con un concetto molto semplice, perché, secondo me, non vogliamo osservarla dalla prospettiva più vera.

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La valutazione delle scuole e dei docenti è già in atto.
I genitori sanno benissimo dove mandare i propri figli. Sanno distinguere gli insegnanti che vogliono e quelli che non vogliono per i loro figli. Sanno decidere quale scuola è la migliore per la formazione dei propri figli: riconoscono la qualità.
Basta applicare a noi insegnanti i criteri che usiamo noi stessi, se genitori, per scegliere la scuola o gli insegnanti per i nostri figli.
Come voglio che sia l’insegnante di mio figlio? Sono sicura che le risposte sarebbero le stesse. Ecco i criteri e i parametri per valutare i docenti.

Sempre sul versante docenti, assistiamo ad una palese incapacità da parte dei vertici della scuola di gestire casi, chiamiamoli così, “critici“: ci sono, e non sono tantissimi per fortuna, ma ci sono insegnanti che causano danni importanti sui bambini o gli adolescenti. Questi casi di docenti “problematici” vanno affrontati dal punto di vista normativo in modo coraggioso.
Perché i dirigenti non hanno gli strumenti per tutelare i ragazzi prima che sia troppo tardi? Spesso si arriva al “caso” per risolverlo nel momento in cui i media costringono a venire ad una soluzione. Perché arrivare a questo punto?
In Commissione Istruzione nel mio comune c’è la proposta, condivisa da tutta la maggioranza, di valutare l’ipotesi di istallare delle videocamere nelle aule degli asili nido perché i genitori possano controllare… E perché non nelle scuole dell’infanzia? E alle elementari?
Ebbene, dobbiamo essere capaci di intervenire prima noi come istituzione.

E da ultimo vorrei sottoporre un errore di sistema: l’Italia è l’unico paese, L’UNICO PAESE in cui le lingue straniere vengono insegnate in classi di abilità miste fatte di studenti appartenenti a livelli che vanno da principiante a intermedio. Le lingue straniere devono essere insegnate per classi di competenze omogenee o l’azione è inefficace. Tra le materie con risultati meno buoni nel biennio delle superiori c’è appunto l’inglese.
La valutazione in decimi per le lingue straniere è assolutamente fuori da ogni standard internazionale di valutazione. Le competenze di uno studente possono solo chiamarsi beginner, elementary, pre-intermediate, intermediate, upper-intermediate o advanced: tutto il resto non ha alcun riscontro nel quadro internazionale.

TEST INVALSI: i “mal di pancia” della valutazione italiana

Ma cosa sono questi test INVALSI? Perché gli studenti (e alcuni sindacati della scuola) protestano contro questi test? A che servono?

Un sistema come la scuola italiana, che lavora al raggiungimento di obiettivi di tipo cognitivo e sul piano delle competenze, che si erge a valutatore delle competenze che essa stessa produce non può esimersi dal voler “misurare” la strada che ha fatto e quanta ne resta da fare per dirsi “a meta”. Infatti le Prove INVALSI tendono a rilevare non quanto i ragazzi sanno, bensì quanto sanno fare con le conoscenze acquisite: non sono altro che la rilevazione delle COMPETENZE, ovvero, la capacità d’USO dei saperi.

Abbiamo bisogno, come scuola italiana, di conoscere a che punto ci collochiamo sulla scala delle scuole europee rispetto al raggiungimento degli obiettivi educativi: il mercato del lavoro è in fortissima mobilità ed è interesse dei nostri ragazzi tringessere competitivi con i loro concittadini europei sul piano dell’offerta delle competenze sul mercato EU. I dati OCSE-PISA, IEA, quindi sono importantissimi per capire come incidere in maniera più efficace nel percorso educativo della scuola italiana, come migliorare.

Attualmente i dati dei test IVALSI riguardano le competenze in soli due ambiti: matematica ed italiano e riguardano gli studenti della 1a media, della 3a media e del secondo superiore. Solo i dati relativi alla 3a media hanno un peso nella valutazione finale degli studenti pari a 1/7 del totale.

Ma perché tanto chiasso? Da una parte ci sono le proteste dei docenti e dall’altra degli studenti.

Effettivamente ci sono delle criticità rispetto al merito delle prove e anche rispetto alle modalità di somministrazione.

Il merito: le prove tendono ad accertare tipologie di competenze in linea con quelle concordate insieme agli altri paesi europei. Ci si lamenta che le prove sembrino astruse… Vi è mai capitato di vedere un ragazzo con voti alti a scuola che nella vita non riesce a concludere? O un ragazzo che, difficile a scuola e pluribocciato, sia diventato un imprenditore di sé stesso con successo nella vita? Cosa manca alla scuola che non le permette di individuare e valorizzare capacità e competenze che la vita fuori della scuola invece premia? Dobbiamo atteuropaenerci allo studio a casa e al “saper ripetere” fatti e autori? Le prove INVALSI non devono accertare il sapere, ma il saper fare. E questo, come principio, mi pare positivo.

Credo che molto nella scuola, come sistema, vada rivisto.

In diversi casi capiamo, anche senza dati, che la scuola italiana è indietro rispetto all’Europa a causa dell’arretratezza delle metodologie didattiche in diverse materie, del ritardo con cui le nuove strumentazioni a servizio della didattica sono a disposizione, della carenza di fondi per un serio aggiornamento dei docenti, della bassa duttilità di tutto il progetto formativo-organizzativo che richiederebbe un organico (di personale) funzionale al raggiungimento dei suoi obiettivi. Di recente, poi, con la “riforma” Gelmini ed il decreto Brunetta, la scuola è stata letteralmente falcidiata attraverso tagli orizzontali e verticali: aumento del numero degli alunni per classe, riduzione delle materie con conseguente impoverimento dell’offerta formativa, matquasi azzeramento delle materie laboratoriali e pratiche, riduzione delle ore per gli insegnanti di sostegno… Continue reading