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TEST INVALSI: i “mal di pancia” della valutazione italiana

Ma cosa sono questi test INVALSI? Perché gli studenti (e alcuni sindacati della scuola) protestano contro questi test? A che servono?

Un sistema come la scuola italiana, che lavora al raggiungimento di obiettivi di tipo cognitivo e sul piano delle competenze, che si erge a valutatore delle competenze che essa stessa produce non può esimersi dal voler “misurare” la strada che ha fatto e quanta ne resta da fare per dirsi “a meta”. Infatti le Prove INVALSI tendono a rilevare non quanto i ragazzi sanno, bensì quanto sanno fare con le conoscenze acquisite: non sono altro che la rilevazione delle COMPETENZE, ovvero, la capacità d’USO dei saperi.

Abbiamo bisogno, come scuola italiana, di conoscere a che punto ci collochiamo sulla scala delle scuole europee rispetto al raggiungimento degli obiettivi educativi: il mercato del lavoro è in fortissima mobilità ed è interesse dei nostri ragazzi tringessere competitivi con i loro concittadini europei sul piano dell’offerta delle competenze sul mercato EU. I dati OCSE-PISA, IEA, quindi sono importantissimi per capire come incidere in maniera più efficace nel percorso educativo della scuola italiana, come migliorare.

Attualmente i dati dei test IVALSI riguardano le competenze in soli due ambiti: matematica ed italiano e riguardano gli studenti della 1a media, della 3a media e del secondo superiore. Solo i dati relativi alla 3a media hanno un peso nella valutazione finale degli studenti pari a 1/7 del totale.

Ma perché tanto chiasso? Da una parte ci sono le proteste dei docenti e dall’altra degli studenti.

Effettivamente ci sono delle criticità rispetto al merito delle prove e anche rispetto alle modalità di somministrazione.

Il merito: le prove tendono ad accertare tipologie di competenze in linea con quelle concordate insieme agli altri paesi europei. Ci si lamenta che le prove sembrino astruse… Vi è mai capitato di vedere un ragazzo con voti alti a scuola che nella vita non riesce a concludere? O un ragazzo che, difficile a scuola e pluribocciato, sia diventato un imprenditore di sé stesso con successo nella vita? Cosa manca alla scuola che non le permette di individuare e valorizzare capacità e competenze che la vita fuori della scuola invece premia? Dobbiamo atteuropaenerci allo studio a casa e al “saper ripetere” fatti e autori? Le prove INVALSI non devono accertare il sapere, ma il saper fare. E questo, come principio, mi pare positivo.

Credo che molto nella scuola, come sistema, vada rivisto.

In diversi casi capiamo, anche senza dati, che la scuola italiana è indietro rispetto all’Europa a causa dell’arretratezza delle metodologie didattiche in diverse materie, del ritardo con cui le nuove strumentazioni a servizio della didattica sono a disposizione, della carenza di fondi per un serio aggiornamento dei docenti, della bassa duttilità di tutto il progetto formativo-organizzativo che richiederebbe un organico (di personale) funzionale al raggiungimento dei suoi obiettivi. Di recente, poi, con la “riforma” Gelmini ed il decreto Brunetta, la scuola è stata letteralmente falcidiata attraverso tagli orizzontali e verticali: aumento del numero degli alunni per classe, riduzione delle materie con conseguente impoverimento dell’offerta formativa, matquasi azzeramento delle materie laboratoriali e pratiche, riduzione delle ore per gli insegnanti di sostegno… Continue reading