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Perché i sindaci si mobilitano per Enrico Forte?

imageLa lettera di sostegno nei confronti di Enrico Forte da parte di 10 sindaci della provincia pubblicata oggi dai giornali locali ha messo un po’ in subbuglio il PD.

Facile pensare che il sindaco di Latina sia un affare tutto interno alla città.

Ingenuo crederlo.

Io invece ringrazio i sindaci per averci dato motivo di riflessione. Una riflessione che già in qualità di ex-consiglieri comunali (Porcari, Fioravante, De Amicis ed io) avevamo proposto.

Le province, sappiamo, hanno vita brevissima e verranno in sostituite da contesti di “area vasta”. L’area territoriale extra comunale raggrupperà i vari comuni per distretti o bacini di utenza a seconda della tipologia del territorio e del servizio che dovrà offrire. Il nostro territorio è già diviso, infatti, in vari ambiti: distretti sanitari, ATO per la gestione dell’acqua, dei rifiuti, le scuole…

Il sindaco del capoluogo di provincia non dovrà solo occuparsi della cura della propria città, bensì sarà chiamato a “pensare se stesso” al di fuori del perimetro ristretto del proprio comune. Avrà un ruolo di grande peso nel rappresentare e nel gestire le dinamiche extra comunali.

Non solo.

Sarà il naturale propulsore rispetto alla valorizzazione delle risorse di tutto il territorio extra comunale – che lui deve dimostrare di conoscere nei particolari o non servirà a nessuno – anche finalizzato alla creazione di legami sovra-comunali a livello regionale, interregionale ed europeo, per i quali non basta affatto la sola buona volontà o la sola onestà.

Il sindaco di Latina dovrà essere un conoscitore del territorio e delle dinamiche istituzionali extraterritoriali: un uomo con una intelligenza istituzionale ed una competenza che non si improvvisa dall’oggi al domani.

Si capisce, allora, la premura dei 9 sindaci della provincia nei confronti di Enrico Forte in quanto candidato alle primarie…
Come dar torto a chi vede in lui, a giusta ragione, la persona esperta ed onesta che può finalmente far uscire il nostro territorio dall’isolamento in cui ci ha relegato una politica ignorante e tutta concentrata ad arricchire i pochi potenti e a restituire favori elettorali?

Ecco perché l’elezione del sindaco di un capoluogo di provincia desta tanto interesse anche al di fuori del perimetro comunale.
Ecco perché le riflessioni da fare sono molte e richiedono di uscire dal proprio piccolo orticello, ma soprattutto… di raccontarla tutta agli elettori.

Nicoletta Zuliani intervistata da “Il Giornale di Latina”: i candiati PD.

imageEcco l’intervista che Marianna VICINANZA de “Il Giornale di Latina” ha realizzato e che è stata pubblicata nel numero di mercoledì 14 ottobre 2015.

Lei è stata in questi giorni tra le più critiche nei confronti di Paolo Galante, il candidato promosso da Moscardelli. Perché?
“Appunto, perché è considerato il candidato di Moscardelli, mentre dovrebbe essere il candidato del PD, dovrebbe rispondere a una serie di bisogni valoriali e di trasparenza e partecipazione di cui il partito democratico si è sempre fatto promotore. Renzi non ha mai fatto andare avanti un civico al posto di un politico, si è piuttosto circondato di persone competenti, dei mondi dell’imprenditoria dell’economia, della cultura per poter dare spessore al suo intervento politico, invece di prendere una persona al di fuori del partito E sostituirla ad un politico è un processo che io non condivido. Come mettere un politico che non ha mai fatto imprenditoria a capo di un’azienda e pensare di riuscire nell’impresa”.

Eppure lei viene dal mondo della scuola, da quella società civile di cui stiamo parlando.
“Provengo dalla società civile ma non mi sono proposta alla guida dell’amministrazione della seconda città del Lazio. Nel 2011 mi sono proposta come rappresentante dei cittadini in un consiglio comunale, è cosa ben diversa. Chi voleva nel PD un vero civico come sindaco avrebbe dovuto interloquire con le forze realmente civiche, e non con un singolo civico. Chi voleva un vero sindaco civico non avrebbe dovuto fargli la tessera del PD facendolo diventare “in corso d’opera “un politico. I professionisti della società civile devono affiancare il sindaco non devono sostituirsi adesso. Altrimenti si sancisce un principio che non condivido affatto nel caso di galante: la politica non serve; l’imprenditoria si può sostituire alla politica perché è l’unica che sa ‘fare’.

La politica serve ma nel caso di Enrico Forte c’è chi, come Omar Sarubbo e Massimiliano Carnevale, sostiene, che abbia troppi ruoli o sia in politica da troppo tempo.
“Sarubbo e Carnevale stanno in politica in proporzione almeno quanto Enrico, tenendo conto che poi Enrico per una decina e più di anni è stato anche fuori. Questo però non li fa meno affidabili o meno competenti, nella politica esperienza competenza e onestà sono valori aggiunti non certo punti deboli”.

Il paradigma imprenditore di successo-bravo politico di cui parlava prima e la semplicità con cui si vuole far passare questo binomio nella gestione di un comune, lei lo condivide?
“Non lo condivido affatto, e questo paradigma mi ricorda quello di Berlusconi, che noi abbiamo tanto osteggiato come Partito Democratico e come centro sinistra. La differenza con Berlusconi è che lui ha dichiarato un reddito annoverato tra i primi contribuenti in Italia, Paolo Galante dice di essere un imprenditore di successo e diciamo che questo è ancora tutto da verificare. Io credo che governare una macchina come quella della gestione della cosa comune è compito complesso: hai a che fare con una serie innumerevole di settori interconnessi. Devi avere a che fare con le fasce fragili, con il mondo giovanile, occuparti di ambiti come il fronte della tutela della legalità, come l’urbanistica e la gestione del territorio. La politica come amministrazione della cosa pubblica è un livello superiore e più complesso di una semplice azienda e racchiude tutti i settori della società. Non possiamo mischiare tutto: imprenditori e politici interscambiabili, destra e sinistra interscambiabili, non possiamo fare che tutto è uguale a tutto. È ciò che vorrebbero gli speculatori. I cittadini, invece, hanno bisogno di poche cose chiare: onestà, coerenza e competenza”.

Esperienza, competenza, merito, hai fatto un richiamo a questi temi riguardo alla scelta dei candidati durante l’assemblea comunale. Li ravvisi nei due candidati del PD?
“Galante sarà sicuramente una persona competente nel suo settore, ma per me è inadatta come candidato a sindaco per le ragioni che ho espresso. Io parlo di competenza nella gestione politica ed è un valore che riconosco in Enrico Forte. Questo non è voler criticare a tutti costi un avversario politico, è porre una questione importante di cui si parla poco: il candidato del PD deve rispondere a requisiti di interpretazione dei valori che il partito ha sempre promosso. Valori antifascisti, di priorità dei processi di partecipazione, capacità di sviluppo reale creando sinergie con gli altri comuni dell’area vasta e realizzando progettazioni di calibro europeo. LATINA deve diventare ciò che non è mai stata, uscire dal suo perimetro per non farsi fagocitare da Roma Capitale.

Lei è stata una delle poche nel dibattito politico degli ultimi tempi a mettere in evidenza la sfida e il problema della futura governabilità. Ci sono i presupposti con questi due candidati?
Sostengo Enrico Forte proprio perché credo che una omogeneità di visione e di composizione di compagine di governo sia necessaria. Lo abbiamo visto con i governi traballanti e di vita breve dei comuni della provincia di Latina che sono stati ultimamente commissariati. Lo stile di Galante che ha più volte dichiarato che “la soluzione ai problemi di Latina sono io” è la tipica affermazione dell’uomo solo al comando che da imprenditore decide in maniera autonoma. Sarà coerente con se stesso, ma poi fare i conti con la squadra sarà difficilissimo. Mi chiedo: Galante è capace di interpretare la visione del nostro partito? Aggregare persone con un metodo che si basa sui rapporti personali e invece che sui temi, sui contenuti e progetti condivisi,  non mi convince. Questo non è altro che il paradigma che la destra ha utilizzato negli ultimi vent’anni a Latina: il rapporto uno ad uno, un rapporto ad personam.

Spostare il dibattito sul piano dei contenuti lo chiedono anche i cittadini. Quali sono i temi sui quali il partito democratico può fare la differenza rispetto ad altre forze politiche?
Uno dei temi chiave è la trasparenza. C’è chi come Nicola Calandrini parla continuamente della casa di vetro ma lui è stato per quattro anni presidente del consiglio comunale di Latina e non mi sembra che Latina fosse esattamente una casa di vetro. Forte è stato uno dei primi a rinunciare ai rimborsi delle trasferte, al rimborso elettorale da consigliere regionale. Prima di Zingaretti e fino a che lui non ha annullato questa legge, tutti i consiglieri ricevevano € 2.040 al mese senza obbligo di rendicontazione. Enrico ha rinunciato da subito, non li ha mai riscossi.

E oltre alla trasparenza?
Altri temi sono l’urbanistica e il bilancio partecipato. Anche su cultura e scuola c’è una città da rifondare. Dobbiamo mettere a sistema tutte quelle risorse culturali che non devono restare circoscritte ma che devono proiettarsi fuori con un progetto credibile che non rimanga confinato nel circuito cittadino. Costruire un blocco forte con tutta la provincia tale da poter aumentare la nostra capacità attrattiva di finanziamenti e competere a livello europeo. La politica sana è quella che si impegna in prima persona dando priorità ai contenuti, è ora di partire da questo.

Chi merita il mio consenso?

    imageHo letto l’appello di Francesco Miscioscia su LatinaQuotidiano e mi ha sollecitato ad una riflessione.

    In questi anni di mandato elettorale mi sono resa conto di quanto sia importante la partecipazione dei cittadini e la loro scelta attraverso il voto.

    No, non ho scoperto l’acqua calda: ho avuto modo di riflettere su questo in modo più approfondito avendo vissuto in prima persona gli effetti del consenso dei cittadini ed averli visti anche sui miei colleghi della maggioranza.

    Spesso si va a votare pensando di voler dare forza alla propria “squadra politica” come se si trattasse di una squadra di calcio. Il sentimento che viene sollecitato dai politici locali è spesso quello di far sostenere la persona cara, il parente, l’amico, o il politico che si è dimostrato vicino facendoti qualche favore, per vincere la competizione elettorale buttando la’ qualche idea fantasiosa e del tutto utopica per la città.
    Mi si deve spiegare perché la consanguineità diventa un criterio di scelta per la rappresentanza politica e amministrativa: essere un “parente” ti fa diventare in automatico un politico migliore?
    Perché ci sentiamo “obbligati” a dare il voto ad un parente?
    Cosa lo rende più capace di usare gli strumenti politici amministrativi rispetto ad un altro?
    Forse che il fatto di averlo a disposizione, a portata di mano ci fa sentire più protetti?
    O il voto diventa un “obbligo morale familiare” e quindi espropriato della sua importante funzione sociale?
    Cosa cerchiamo nel politico che ci governa: una certa “vicinanza” per poter facilmente risolvere i nostri piccoli/ grandi problemi personali, oppure la capacità di equilibrio, la competenza di saper governare situazioni complesse, difficili continuando a valorizzare l’apporto dei cittadini che lo hanno sostenuto?

    Certamente il peso della responsabilità nelle elezioni è tutto in mano all’elettore che con la sua matita può fare e disfare il futuro della propria città; poi però, questa responsabilità passa nelle mani di coloro ai quali abbiamo dato il POTERE di fare ciò che hanno dichiarato in campagna elettorale.

    Al termine di un’esperienza amministrativa la responsabilità ritorna nelle mani dei cittadini, degli elettori che a questo punto dovrebbero usare il criterio del MERITO: i politici che ho votato meritano ancora di avere la mia fiducia?
    Hanno usato bene il potere che io gli ho dato per governare bene questa città? Questo, secondo me, dovrebbe essere il criterio che guida i cittadini nella scelta di chi dovrà gestire i problemi e le risorse del proprio territorio.

    Il nostro voto è soggetto a diverse spinte.
    Uno è il sentimento della fidelizzazione o del restare fedeli, molto simile al sentimento che ci lega ad una squadra di calcio (e qui a Latina queste mie non sono solo parole…).
    Mi chiedo spesso ma è questo il criterio che ci deve guidare alla scelta di chi deve gestire non solo me, ma tutta la comunità? Una persona, ad esempio, che si è dimostrata incapace, o ininfluente o dannosa all’interno della compagine amministrativa può continuare a riscuotere la mia fiducia di cittadino? Oppure, una persona onesta ma inesperta è lo strumento migliore per poter cambiare in meglio la nostra città? Basta l’onestà per essere il politico giusto per gestire i problemi e le risorse del nostro territorio? Come se noi scegliessimo il chirurgo che ci deve operare in base alla sua onestà: ok lo voglio onesto (questo dovrebbe essere un default per chiunque) ma… avrà la mano ferma? Sarà abbastanza esperto? Quante persone ha già operato? Quanti ne ha salvati? Quanti non gli sono morti sotto i ferri?

    In questa società che risente molto dell’immagine, più sei conosciuto e bello più hai opportunità di essere votato perché memorizzato, perché “esisti” come immagine sui media, al di là del tuo operato. La scelta, allora, avviene in base al viso, se è simpatico o antipatico, o a come si presenta, se se strilla di più o di meno…

    Credo che l’onestà, la coerenza dimostrata nel proprio lavoro e nella propria vita, essere indipendenti economicamente dalla propria carica, avere una testa propria e non rispondere ai diktat di altri, sono requisiti importanti per chi rappresenta una comunità, probabilmente imprescindibili.

    Sono i requisiti base, ma non sono sufficienti, non sono gli unici.

    Ad un politico che rappresenta una collettività deve essere richiesto molto, molto di più: è come metterlo alla guida di un aereo con a bordo tante, tante persone.
    Bisogna conoscere il funzionamento della macchina che si guida altrimenti non si va da nessuna parte: il funzionamento riguarda gli atti amministrativi, la gestione dei servizi, del personale, dei dirigenti, i rapporti con gli altri enti… I tempi di attuazione dei progetti e dei diversi procedimenti amministrativi, ad esempio, impongono una memoria storica senza la quale spesso si rischia di prendere decisioni dannose: l’inizio dell’iter del project financing del cimitero, risale al 2006, e le decisioni prese oggi necessitano di scavare indietro nel tempo o oggi si rischia di fare scelte sbagliate.
    Gli stessi piani particolareggiati risalgono come inizio iter, alla fine anni ’80, inizio anni ’90
    È esattamente come quando vai dal dottore e lui ti chiede dello stato di salute dei tuoi genitori o dei tuoi nonni.

    Un altro elemento importante che si aggiunge all’onestà, alla trasparenza e alla conoscenza degli strumenti amministrativi, nonché alla memoria storica, è la capacità di sapersi relazionare politicamente e di mantenere coesa una compagine politica.

    I sindaci non cadono per mano delle opposizioni, bensì per mano di membri interni alla maggioranza che fanno mancare il sostegno necessario. Se una compagine politica di maggioranza si è formata in base a interessi di categorie o interessi personali intrecciati tra di loro, prima o poi crolla perché non ha come priorità il bene collettivo bensì l’interesse dei singoli esponenti, e ne abbiamo esempi eclatanti nel nostro piccolo territorio pontino.

    Il nostro rappresentante, quello che scegliamo, è capace di saper sempre anteporre il bene comune ai propri interessi insieme al proprio gruppo? È capace di armonizzare il proprio lavoro con quello del suo gruppo?

    Perché, un’altra cosa che ho imparato, è che la politica non si fa da soli. Un singolo consigliere può sbraitare, può proporre mozioni meravigliose, ma ha bisogno del voto degli altri per poterle realizzare, almeno del suo gruppo.
    E forse non basta neanche questo: mozioni votate all’unanimità da tutto il consiglio non sono state mai realizzate, messe in atto. (guarda Al Karama, le Consulte della Scuola e dell’Infanzia, istituite e mai costituite, e molte altre…).

    Ai nostri politici, a quelli che ci rappresenteranno dobbiamo chiedere molto, molto di più:

    • onestà, coerenza, trasparenza.
    • saper lavorare in gruppo e collaborare.
    • conoscenza del mondo politico-amministrativo e dei suoi strumenti.

    E poi, facciamoci una domanda: al di là di quanto a me possa piacere, è la persona che ci vuole per la mia città?