Il mio intervento (per l’Assemblea Nazionale 11 maggio 2013)

Voglio rispondere a Pierluigi Bersani: siamo all’altezza? Vediamo. Io dico che abbiamo le potenzialità, le vedo, ma queste non bastano anche se sono necessarie.

Abbiamo reso palese una divisione che ci portavamo dentro, danneggiando il paese. Abbiamo lasciato che i distinguo al nostro interno diventassero divisioni.

Perché io vedo che la vera sfida sarà sul fronte di come ci sapremo organizzare, anche localmente, e sui grandi temi sociali che sapremo affrontare: è qui che sta il vero terreno di lavoro che dobbiamo preparare e che deve andare oltre i personalismi e i gruppi delle correnti (ammesso che le correnti siano ancora portatrici di pensiero)

Perché il nocciolo del problema, è questo: possono stare insieme persone che la pensano diversamente? Possiamo essere diversi e sentirci la stessa cosa?
Come si fa ad essere UNITI?

Al nostro interno abbiamo distinzioni, ma non dobbiamo confonderle con le DIVISIONI.
UNITI non significa UGUALI. Sembra, ma non è.

Avere la stessa idea non fa l’unità: fa pensiero unico, che noi aborriamo!

L’unità NON va ricercata unicamente nella sfera del pensiero, nella sfera delle idee. Noi siamo persone e non siamo fatti solo di intelletto e di idee. Dobbiamo considerare l’aspetto affettivo ed emozionale del nostro essere che ci rende RELAZIONE.
L’unità va costruita attraverso la relazione. L’uomo, essendo animale politico come diceva Aristotele, non può prescindere dalla relazione.

E allora, da che mondo è mondo, l‘addizione serve per aumentare, potenziare.
La divisione per diminuire, indebolire.

Metterci insieme noi democratici, che parliamo la stessa lingua del confronto, del merito, della trasparenza, del no alle deroghe, della valorizzazione dei giovani e delle nuove generazioni dentro e fuori del partito, del no ai doppi incarichi, della valorizzazione del contributo delle donne, della cultura come motore del paese QUESTO è il nostro massimo comune denominatore. Ci unisce, ci moltiplica, ci fa più forti.

Essere DEMOCRATICI non è solo un fatto di idee, è un fatto di stile.
Dobbiamo fare in modo che la gente, gli elettori ci riconoscano per lo STILE, per come ci muoviamo, per come prendiamo le decisioni, quale criterio abbiamo per scegliere i nostri dirigenti, come comunichiamo, per il rapporto che teniamo con i nostri elettori, per questo devono  riconoscerci come DEMOCRATICI.
Questa è l’anima del Partito Democratico: lo stile, il nostro stile.

Le idee, poi, vanno verificate alla luce della storia, come i regolamenti e gli statuti.
Non sono immodificabili. Io proporrei delle assemblee più’ ridotte di numero, delle primarie aperte sempre con una registrazione all’elenco del popolo delle primarie.
Non siamo un edificio fatto di colonne di cemento armato: siamo una casa con tante finestre.

Nel momento di candidatura delle persone tendiamo a rimandare se il gruppo non è pronto ad esprimere un nome che lo rappresenti: ma io credo non si tratti più di scegliere il “proprio uomo“, ma l’uomo (o la donna) che può meglio lavorare a quel ruolo cercando di rappresentare l’intero PD, capace di sapersi relaziona con tutti.
Dobbiamo rivoltare la piramide della gerarchia. La struttura deve essere orientata alla sua finalità = far funzionare il Partito Democratico e ripeto DEMOCRATICO, non a servizio di chi riveste ruoli importanti o a servizio del deus ex-machina della propria corrente.
Tutti dobbiamo poter essere protagonisti in queste nuova fase. Tutti. Questa la funzione degli organismi oggi. Anche perché la struttura che sapremo esprimere quella sarà letta all’esterno e “parlerà” per il PD. Da fuori sapranno dire se le strutture sono a servizio della società o dei capicorrente.

Guardate la Chiesa con papa Francesco; guardate cosa ha prodotto il M5S; guardate il nostro partito con le autoconvocazioni, gli #occupyPD, #resetPD ecc…
La società, la storia, ha dimostrato di essere VIVA, e aspetta di rivedersi politicamente dentro un partito vivo NON perché ha tante idee, tante personalità che le esprimono spesso in conflittualità, ma perché le REALIZZANO.

E poi, il nostro stile democratico deve prevalere proprio quando due o più visioni, due o più proposte si confrontano.
Se non siamo capaci di una sintesi, si vota e chi risulta maggioranza abbia la capacità di gestire la totalità mettendosi a servizio di tutti gli altri.
Chi perde abbandoni la logica della rivincita, del riorganizzarsi per remare contro per dimostrare l’incapacità dell’altro che ha vinto.
Questo divide e indebolisce.

Igino Giordani, padre costituente, in seguito alla visita del manicomio   milanese della Senavra disse: anche i pazzi tranquilli o i leggermente alienati in quell’ambiente divenivano pazzi del tutto; trattandosi di un ambiente adatto più a far impazzire i savi che a far rinsavire i pazzi.

Talvolta il PD mi sembra un po’ così: un luogo per far scappare chi si avvicina animato da sincero amore per la politica. Spero che questo partito torni ad essere quel luogo aperto alla società civile con idee alte e coerenza di valori.

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