Dal frutto, infatti, si riconosce l’albero.

E’ una frase che aiuta a comprendere e decodificare molte circostanze, quella di Sant’Agostino che a sua volta prende dal Vangelo. Io ne faccio spesso uso.

La applico al mio lavoro; la applico nel valutare le scelte di famiglia; la applico per “leggere” la realtà che mi circonda. Certo, è una valutazione ex-post, ma utile anche per le scelte di domani.

In giorni di analisi dei risultati, la voglio applicare alla mia città e all’ambito che vivo; quello politico.

Dai frutti si riconosce l’albero.

Abbiamo un Consiglio Comunale totalmente rinnovato nelle figure e nei ruoli: gente nuova, fresca ma estremamente inesperta e bisognosa di tempo e maturità.

Le scelte della “gente nuova e fresca” sono impulsive, entusiastiche come le loro parole, spesso poco pesate, istintive, frutto di impressioni personali ed esperienze della vita di tutti i giorni che a poco o nulla servono: è necessaria una memoria storica, una conoscenza e una capacità di valutazione consapevole della complessità delle questioni e delle relazioni e degli interessi che la compongono.

Comincio la mia breve e superficiale analisi con l’osservazione di uno strumento: il Tavolo tecnico.

Abbiamo tanti “tavoli tecnici”, scelta apparentemente democratica, ma in definitiva di democratico ha ben poco.

I tavoli sono estemporanei: possono essere creati da un momento all’altro e avere vita anche solo per un paio d’ore, poi, puff… niente più, tutto finito. Gli invitati al tavolo sono decisi da chi lo indice (sindaco o assessore che sia): non tutti possono partecipare, ma solo chi è invitato. Non hanno vita lunga: durano per il tempo che serve a discutere un aspetto. Non hanno alcun potere deliberativo: si discute, si parla, si considera, ma il “tavolo” non decide nulla; è un brainstorming libero e volontario. Non si verbalizza nulla: non resta agli atti niente di richiamabile, rintracciabile, niente viene fermato su carta. E’ una parvenza di democrazia, un’illusione di decisione dove chi partecipa potrebbe sentirsi importante, ma di fatto è solo consultato al di là della volontà del decisore che non ha alcun vincolo nei confronti degli invitati.

A Latina vediamo un continuo proliferare di “tavoli” tanto numerosi quanto vaghi, mentre avremmo bisogno di più Commissioni Consiliari che servono a prendere delle decisioni con la partecipazione dei rappresentanti dei cittadini obbligati a dare indirizzi, essendo preventivamente informati dagli uffici che relazionano sugli aspetti tecnici e danno gli elementi per decidere. Ben altra cosa rispetto ai “tavoli”. Le Commissioni sono il luogo dove la democrazia viene esercitata nella forma che la legge stabilisce. La LEGGE, non un vezzo dell’opposizione. 

Non reputo la scelta dei “tavoli” un buon frutto di questo albero.

C’è un malcontento diffuso e crescente, molto preoccupante, a mio modesto avviso, quello dei dipendenti della più grande “azienda” della città: oltre 500 dipendenti, il Comune di Latina.

Assistiamo ad una lenta ed inesorabile emorragia: molti cercano di trasferirsi, fanno colloqui presso altre amministrazioni e se ne vanno; molti non riescono e restano loro malgrado, a sopportare un carico di lavoro impossibile (siamo sottodimensionati e avremmo bisogno di altrettanti 500 dipendenti in più). Altro che studio motivazionale avviato dall’ex assessore Costanzo…!!! La scelta dell’Ente è: più dirigenti per organizzare meglio il lavoro. Peccato che i costo di un dirigente fa rinunciare a ben 3 dipendenti, vera emergenza di questo Comune. E non dimentichiamo che i funzionari e dipendenti che andranno presto in pensione (ce ne sono diversi) sono come gli ultimi dei Mohicani: se scompaiono loro se ne va tutto il “know-how” che mancherà di essere trasmesso a chi li sostituirà, e ci ritroveremo con personale senza più memoria storica degli atti, costretto a studiarsi tutto daccapo con tempi di disbrigo pratiche inimmaginabili…

Invece di andare a “beccare” i dipendenti fannulloni (qualcuno ce n’è sempre in tutti i posti di lavoro), il Comune mette in mora tutti quei dipendenti che ormai 10 anni fa avevano ricevuto un incarico per realizzare dei progetti di lavoro in più per i quali richiederà la restituzione dei soldi, come se il dipendente agisse motu proprio. Sappiamo che Segretario Generale, Dirigente della Ragioneria e Dirigente del settore hanno dato ben 3 ok ponendo in essere un procedimento di erogazione di somme mai revocato. Tra l’altro la LEGGE dice che il procedimento è in capo al Segretario Generale dell’Ente, ma ancora una volta la SG non compare.

Non ci voleva questa ultima “bastonata” ai dipendenti. C’è modo e modo di interagire con il personale, specie se è elemento essenziale per il governo della città. Quando il personale è scontento e si sente umiliato e mortificato, aspira ad andare via. E’ un evidente frutto.

Legalità e trasparenza sono i principi che hanno mosso LBC a candidarsi e i cittadini a votarli alla guida della città. Quando si ostenta continuamente un principio non si ottiene il risultato di convincere chi ascolta; al contrario, si crea un sentimento di allontanamento proprio da quel principio. E questo sta succedendo alla parola LEGALITA’ che viene brandita come una frusta. E’ come prendere a schiaffi i figli urlando che devono amarsi… Stride e ha l’effetto contrario.

Si urla LEGALITA’ in conferenza stampa o in Consiglio Comunale riferendosi a codice degli appalti o a parole su temi caldi e attesi ma non iscritti all’ordine del giorno, e non si gira lo sguardo altrove al permanere dei protocolli d’intesa con le Società Sportive illegittimamente firmati dal sindaco (il sindaco NON HA potere negoziale) e mai ratificati in giunta o da atto dirigenziale, come ingiunto dall’Avvocatura comunale in un parere pesantissimo per rientrare nell’alveo della legittimità, ma ad oggi ancora ignorato.  Non si capisce perché i pareri dell’avvocatura siano così snobbati, mentre quelli dei privati pagati vengono seguiti immediatamente (vedi ABC).

Si parla di partecipazione e poi si ricorre a tutti i mezzi di pressione e conoscenza di potenti a Roma per imporre una scelta di dimensionamento evidentemente molto controversa, non condivisa da chi ne risulterà danneggiato e neanche dagli organi istituzionali preposti al vaglio. Un atto di prepotenza che male si associa ai valori di condivisione che col pranzo di Natale in piazza si volevano promuovere.

La città è purtroppo ferma, immobile, con i suoi scheletri ex-Icos e Cittadella giudiziaria ad aspettare non si sa cosa, il deserto del Globo e della exSvar ad attendere la parola fine per riprendere vita, i 48 alloggi di Porta Nord ad essere abitati, e il litorale di Latina, a destra e sinistra, a sperare in una nuova stagione di cui ancora non si parla…

Si cominciano a minimizzare le vistose aberrazioni della destra al governo di Latina; i cittadini si compattano di nuovo attorno alle destre e si pentono di aver votato Coletta. Si comincia a pensare che la questione della legalità non è poi così rilevante. A forza di nominarla se ne perde il significato, come quando pronunci continuamente una parola: dopo un po’ perde il suo connotato semantico.

Zingaretti richiama, ma intanto Latina langue.

Chi fa politica deve dare una prospettiva e avere gli strumenti giusti per realizzarla.  Legalità ed onestà sono prerequisiti.

Ora serve tutto il resto. Auguri Latina.

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